Alla Galleria Borghese di Roma c’è dal 1 marzo al 22 giugno 2022 una mostra dedicata a Guido Reni che gira intorno a un quadro prima venduto nell’800 e poi ricomprato nel 2020. Si tratta della sola opera di paesaggio che si conosca dell’artista, intitolata Danza campestre (1605).
Questa è la prima di una serie di mostre internazionali che si terranno di Guido Reni, a trent’anni dalla grande mostra tenutasi in Italia. Si tratta di un’opera dipinta per il Cardinale Scipione Borghese che risulta dall’inventario della Galleria, venduto nell’800 attorno al quale Francesca Cappelletti direttrice della Galleria, ha costruito una mostra.
Non si sa a che sia stata venduta l’opera, ma certamente faceva parte della Collezione Borghese, comparso nel 2003 sul mercato antiquario londinese, e considerato di anonimo bolognese. Dopo le opportune verifiche tecniche attributive, si è potuto comprendere che si trattava dell’opera venduta nell’800 e riacquistata nel 2020.
Guido Reni Il Sacro e il Profano
per contestualizzare al meglio il quadro, ha deciso di accostargli una trentina di opere di grandi artisti, che appartengono alla collezione stessa, creando così una interessante mostra. che è la prima di un ciclo internazionale dedicata a Guido Reni.
Nella esposizione si prova a ricostruire l’interesse del grande artista per la pittura di paesaggio, dopo il suo studio appassionato per l’antico e per il rinascimento e la pittura di Caravaggio, da lui conosciuto e frequentato e dei suoi committenti.
Francesca Cappelletti
Francesca Cappelletti ha così commentato.
“La mostra, nata intorno al nostro nuovo dipinto, il numero 609 della raccolta, ricostruisce il primo soggiorno di Guido a Roma: non possiamo definirlo un percorso di formazione giovanile perché il grande artista arriva a 26 anni, per curiosità e alla ricerca di nuove occasioni, ma sull’onda di una carriera brillante in patria. Era un pittore che già sapeva troppo, come pare avesse a dire di lui Annibale Carracci, e che a Roma resta un isolato di grande successo”.
E continua: “Cosa gli ha dato questa città e cosa vi ha lasciato è la storia che vogliamo raccontare e di cui la mostra è solo il punto di partenza. Al catalogo si affiancherà un itinerario sui luoghi romani di Guido, perché il visitatore possa scoprire chiese e musei che conservano altre opere del nostro pittore e collegare la Galleria alla città, osservare gli affreschi, andare oltre gli anni del soggiorno romano, capire la fortuna critica dell’artista e le radici della leggendaria perfezione, ce gli viene attribuita”.
Il percorso della mostra si svolge tra il piano d’ingresso e il primo piano, in cui sono presenti 4 grandi pale d’altare La Crocefissione di San Pietro del 1545, La Trinità con la Madonna di Loreto e il committente cardinale Antonio Maria Gallo e il Martirio di Santa Caterina d’Alessandria e il Martirio di Santa Cecilia, che evidenziano le qualità dell’artista prima di venire a Roma.
Guido Reni Il Sacro e il Profano – La seconda sala
Nella seconda Sala del primo piano tra le trenta opere presenti, nella sala dedicata al Lanfranco compare la Danza campestre l’opera attorno alla quale la direttrice Francesca Cappelletti ha costruito questa mostra.
È la prima tela che Guido Reni ha dipinto appena arrivato a Roma, ed la prima opera della pittura di paesaggio degli inizi del ‘600. Accanto a quest’opera ci sono anche alcuni dipinti emiliani tra i quali, la Caccia al cervo di Niccolò dell’Abate, La festa campestre di Annibale Carracci, alcune opere di Paul Brill della collezione della Galleria, e Paesaggio con Arianna abbandonata e Paesaggio con immagini di Carlo Saraceni, già appartenenti alla collezione Farnese, e ora provenienti dal Museo del Real Bosco di Capodimonte, e altro ancora.
Il percorso tra Guido Reni e i suoi contemporanei, fra paesaggio e figura, finisce con l’affresco del 1613-14 del Casino del cardinale Scipione Borghese, ora Pallavicini Rospigliosi.
Guido Reni in quest’affresco immagina il sorgere del Sole circondato dalle Ore e preceduto da Aurora, lasciando intravedere sullo sfondo un paesaggio che richiama alla Danza campestre. Questo rappresenta il primo soggiorno dell’artista a Roma.
Anna Camia