Per il 13° anno consecutivo, il sogno estivo di Shakespeare

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Per il 13° anno consecutivo, è in scena al Globe Theatre di Roma, nella splendida cornice di Villa Borghese, fino al 14 luglio, Sogno di una notte di mezza estate, di William Shakespeare, per la regia del compianto Riccardo Cavallo.

 

Opera immortale del grande Bardo, la commedia è ambientata in un’antica Atene da favola e si svolge nella notte di mezza estate. La “notte di mezza estate”, infatti, che corrisponde al calendimaggio è considerata in Inghilterra una notte magica, la notte in cui si celebra il risveglio della Natura, che tutti pensano che sia portatore di gioia e felicità, anche se, come vedremo, le cose inizialmente andranno in maniera diversa.

La storia ha inizio in un bosco popolato di elfi e di fate situato, nelle vicinanze di Atene, durante la notte di mezza estate. Qui si svolgono le vicende di Lisandro e di Ermia (Marco Paparella e Valentina Marziali), due giovani innamorati che si trovano per caso coinvolti nel litigio tra Oberon (Carlo Ragone) e Titania (la meravigliosa Claudia Balboni, moglie del regista Riccardo Cavallo, scomparso prematuramente nel 2013) rispettivamente il re e la regina delle fate.

Un succo magico versato dal folletto Puck (Fabio Grossi) sugli occhi dei dormienti per ordine di Oberon, fa sì che ciascuno si innamori del primo essere vivente che vede risvegliandosi. In tal modo Lisandro, dimenticata Ermia, s’innamora di Elena (Federica Bern) e Titania s’invaghisce del popolano Bottom, vittima di un incantesimo, che ne ha mutato la testa in quella di un asino. Dopo una lunga serie di peripezie e di situazioni paradossali e al tempo stesso esilaranti, ci vorrà un intervento riparatore di Puck per rimettere le cose a posto e solo a quel punto i 4 amanti – Ermia, Lisandro, Elena e Demetrio (Sebastiano Colla) – formeranno veramente due coppie.

La straordinaria grandezza di quest’opera sta nel fatto che in essa si contrappongono e si intrecciano mirabilmente tre mondi diversi: il mondo della realtà effettiva, che è quello del duca d’Atene Teseo (Martino Duane), di Ippolita (Daniela Tosco) e della Corte; il mondo della realtà teatrale, i cosiddetti “artigiani” che si preparano alla rappresentazione, attori ridicoli (Gerolamo Alchieri che impersona l’esuberante, energico e frizzante Nick Chiappa, Roberto Della Casa nei panni dell’insicuro ed esilarante Tassello, Claudio Pallottini nel ruolo di Tom Beccuccio e Roberto Stocchi nei panni di Francis Ciufolo) e male in arnese degnamente capitanati dallo sgangherato capo-comico Peter Quince, mirabilmente interpretato da Marco Simeoli; il mondo della fantasia, quello di Oberon, Titania e Puck, degli spiriti e delle ombre.

Le vicende dei quattro amanti sono ottimamente accompagnate dall’esecuzione delle più celebri liriche d’amore, come “Una furtiva lacrima”, cantata da Beniamino GigliCasta diva”, eseguita dalla divina Maria Callas e, nel finale, a sottolineare il lieto fine, “Libiam nei lieti calici” di Verdi.

 

Nel finale Shakespeare mette in bocca agli attori due frasi significative. La prima: “Noi siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni”. La seconda: “La vita è un racconto folle fatto da un idiota, che non significa nulla”. In queste due frasi è racchiuso il significato più profondo dell’opera: il mondo è folle, come folle è l’amore. E nell’ambito di questa follia totale della Natura la felicità è breve e perciò va vissuta con grande intensità.

 

Da qui trapela un evidente segno di malinconia dell’autore in relazione al significato della vita, ma si rivela anche, al tempo stesso, la sua straordinaria originalità.

Uno spettacolo senz’altro da vedere, imperdibile, che regala emozioni e risate ma, soprattutto, Arte.

Franco Ruggiero

 

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