Marginalia: le forme della libertà a Pavia

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SEVERINE GAMBIER-Alertez-les-bébés-faenza-e-porcellana-antica-su-tavola-faience-and-antique-porcelain-on-wood-cm-38-x-27-courtesy-GalleriaD406Modena

Marginalia: le forme della libertà a Pavia. E’ la mostra che si tiene al Castello Visconteo di Pavia dal 21 novembre 2021 al 28 febbraio 2922,  con 13 artisti contemporanei italiani e stranieri, che hanno concepito l’arte in modo libero senza condizionamenti di sorta. E’ curata da Valerio Dehò con catalogo NFC Edizioni

Logo della mostra

 

Marginalia: le forme della libertà a Pavia, riunisce le opere di 13 artisti italiani e internazionali contemporanei, che per ragioni diverse hanno sempre concepito l’arte in modo assolutamente libero da qualsiasi condizionamento di sorta.

 

 

 

CAROL RAMA Definizione d’usura, dittico pelle e pneumatici di biciletta su pellicola protettiva, 60×120 cm

I protagonisti della mostra organizzata dal Comune di Pavia Assessorato alla Cultura, con il patrocinio della Regione Lombardia sono: Silva Argiolas, Francesco Bocchini, Claudio Costa, Severine Gambier, Giovagnoli, Guatta, Yayoi Kusama, Madmeg,   Aldo Mondino, Mattia MoreniCarol Rama, Nicola Troilo e Carlo Zinelli.

Artisti che hanno operato fuori dal gioco dell’arte per affermare la propria personalità, libera da condizionamenti.

CAROL RAMA, Ritratto di ragazza, 1948, inchiostro su carta, 22×20,5 cm

Le opere in mostra sono una trentina tra tele, grandi opere su carta e installazioni, ed è presentata con un percorso particolare studiato dall’architetto Rosanna Palombo che ha rispettato la personalità di ciascun artista, cercando di accompagnare il pubblico in modo da rispettare la personalità di ciascuno di loro.

Proprio nel caso di Carol Rama l’artista che non ha seguito alcuna regola e anzi a volte le ha dettate lei stessa, è in mostra con alcune opere che sono diverse per materiali, tematiche e soggetti, che dimostrano la sua personalità diretta e liberatoria.

 

 

MADMEG, Patriarca e sedia lavorata_n20

Altrettanto si può dire per l’opera di Mattia Moreni anch’egli refrattario alle regole e alle scuole, che una malformazione dalla nascita ha costretto a dipingere sempre con la mano sinistra. I suoi Autoritratti presentati insieme ad altre due opere, sembrano graffiti sottratti ai luoghi estranei dell’arte. Una qualità che sembra sottrarsi ai loghi dell’arte, è quella Madmeg nome derivato dall’opera di Brueghel il vecchio, Margherita La Pazza e Severine Gambier, da sempre impegnate nella controcultura e in battaglie sociali, legate al femminismo contro i collezionisti le case d’aste e anche musei.

 

 

GIULIANO GUATTA, Squilibrata, 2002, olio su tavola, 180×70 cm

La mostra lontana dal voler essere considerata di Art Brut, cioè l’arte considerata frutto di un disagio psicologico, non può dimenticare artisti come Carlo Zinelli. L’artista più vicino all’Art Brut che ci sia in Italia, che internato nell’Ospedale di San Giacomo alla Tomba, dipingendo ossessivamente le pareti della sua stanza è stato riconosciuto dal giovane allora psichiatra Vittorio Andreoli che vide in lui un artista. L’arte fu per Zinelli mediatrice del suo complesso mondo interiore, stessa cosa si può dire per Yayoi Kusama che sin da bambino, esprime ciò sente e vede con grandi bolle colorate che galleggiano in spazi altrettanto colorati. E’ diventata una grande nel il mondo dell’arte.

 

 

FRANCESCO BOCCHINI, Le nozze di Eva e Adolf, 2010, meccanismo a basamento, vetro, lamiera di ferro,colore a olio, 60x44x61 cm

 

Lo stesso è stato è stato per Aldo Mondino del quale in mostra si ammirano i dodici lavori della serie “I King”, nati in un momento di particolare disagio negli anni Sessanta, che però gli consentirono di trovare la sua vocazione per la pittura, dopo un periodo legato a capolavori di Arte concettuale e alle installazioni.

 

 

ALDO MONDINO, The King, serie di 12 lavori, tempera grassa su tela,140×130

 

Come scritto dal curatore: “Bisogna rivalutare la marginalità come scelta e come punto privilegiato per osservare la realtà nella complessità. Si vuole anche recuperare il senso di fare arte, che è un senso profondo di fare arte che è sempre un ricerca della verità, quella intima e profonda dell’Io che cerca di comunicare con se stesso e con il mondo”.

Una mostra interessante che merita una visita.

Anna Camia

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