L’avaro immaginario al Parioli

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L’avaro immaginario al Parioli

L’avaro immaginario al Parioli. E’ in scena fino al 19 novembre in questo teatro di Roma, L’avaro immaginario, tratto da Molière e Luigi De Filippo, che vede protagonista e regista Enzo Decaro. Con lui recita la magistrale Compagnia di Luigi De Filippo.

L’avaro immaginario al Parioli

L’avaro immaginario al ParioliL’avaro immaginario al Parioli. E’ in scena fino al 19 novembre in questo teatro, L’avaro immaginario, tratto da Molière e Luigi De Filippo, che vede protagonista e regista Enzo Decaro. Con lui recita la magistrale Compagnia di Luigi De Filippo.

L’avaro immaginario è il viaggio reale e immaginario di Oreste Bruno, originario di Nola, che con la sua famiglia fa conoscere al pubblico, Molière ma anche la situazione politica del Seicento.

L’avaro immaginario, tratto da Molière e Luigi De Filippo

L’avaro immaginario al ParioliAl centro della scena, la carretta della compagnia, simbolo di quel magico mondo che è il teatro, perno dell’azione: una carovana squilibrata che vuole evidenziare un’umanità in cerca di baricentro, in un secolo difficile quale è, per l’appunto, il Seicento. E’ una metafora dell’esistenza, colpito dall’epidemia e dall’Inquisizione. L’inquisizione aleggia come un’eminenza grigia fra gli attori su quello che dicono, che fanno di tutto per guadagnare qualcosa da mangiare, ogni volta che recitano. Loro sono imparentati con Giordano Bruno, il filosofo che andò sul rogo a Roma per i suoi pensieri in libertà che erano contrari al potere di allora molto arrogante.

Nella commedia c’è una forte connessione tra il mondo culturale e teatrale della Napoli di quel tempo, con quella francese di Molière

L’avaro immaginario al ParioliLa sua eresia, evocata attraverso la commedia Il Candelaio, riflette la satira di Molière che per Oreste è uno che non si lascia dentro le cose, ma le dice apertamente. Durante il percorso di questa Compagnia, avvengono incontri che mettono in evidenza caratteristiche della società francese dell’epoca, che ben si amalgamano con quella partenopea. C’è una forte connessione tra il mondo culturale e teatrale della Napoli di quel tempo, con quella francese di Molière, ma ancor più di Corneille.

La regia di Enzo DeCaro molto curata ed elegante

Un connubio perfetto, quello proposto da Enzo Decaro – malinconico sognatore che non smette di scrivere le sue lettere mai recapitate a Molière – dove tutte le pedine combaciano con gli altri attori, che interpretano personaggi che affrontano tante difficoltà, uniti nel loro vagabondare, sempre in lotta per mangiare, ma guidati dalla passione per il teatro vissuto con umanità.

Interpretazione magistrale di Nunzia Schiano

L’avaro immaginario al ParioliIn primis con la magistrale Nunzia Schiano, ben compenetrata nei panni della sorella Filomena, sempre pronta a richiamarlo alla realtà attraverso la saggezza dei proverbi (spesso come un tormentone dice “è fernuto ‘o puorco”, cioè a dire non c’è più nulla da mangiare) e invitarlo a tornare a casa, dopo l’arrivo a Parigi e la morte di Molière. La Schiano ci regala un personaggio variegato, dove vengono a trovarsi momenti comici misti a quelli di grande lirismo e malinconia.

Brava anche Ingrid Sansone

Brava anche Ingrid Sansone, che dà vita al personaggio di Amadora, con un passato di maga-strega, sfuggita al fuoco del peccato. Non sono da meno gli altri attori della gloriosa Compagnia di Luigi De Filippo: Luigi Bignone, Carlo Di Maio, Massimo Pagano, Giorgio Pinto, Fabiana Russo.

Belle le scene di  Luigi Ferrigno ed incantevoli i costumi di Ilaria Carannante

L’avaro immaginario al ParioliLa regia di Enzo Decaro è molto curata ed elegante, ricca di controscena che valorizza gli attori, con un finale che è un vero gioiello. Belle le scene curate da Luigi Ferrigno, incantevoli i costumi di Ilaria Carannante, curati nei minimi dettagli, fanno rivivere visivamente il clima seicentesco della storia, con le musiche in sottofondo di Nino Rota che, nella scena finale, ricordano come il raggio di sole della vita sia proprio lo stesso teatro. Da vedere.

Giancarlo Leone

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