Al Chiostro del Bramante a Roma c’è la grande mostra, CRAZY, che impegna gli spazi esterni e interni del Chiostro, con le opere, che un gruppo di artisti contemporanei ha realizzato appositamente per rappresentare la follia nell’arte.
Ormai si è letto e riletto tutto quanto si poteva, su questa mostra, che fa parte di una trilogia presentata da Danilo Eccher in altri due luoghi al nord Italia, nelle due versioni differenti, che compongono la trilogia e che in questo caso si conclude alla grande nella capitale.
Il Chiostro del Bramante che è diretto da Patrizia de Marco, è divenuto oggi più che mai un luogo per l’arte contemporanea, grazie alle sue figlie Giulia, Laura e Natalia, che hanno deciso che questa struttura venga destinata a coloro che vogliono scoprire l’arte moderna e contemporanea. Per cui Danilo Eccher ha chiamato 21 artisti soprattutto internazionali, ha creare ciascuno un’opera che lo distingua.
Tra questi ci sono anche artisti italiani già noti, che ormai sono codificati come Massimo Bartolini, Alfredo Pirri, Gianni Colombo, scomodando anche i defunti per alcune opere realizzate, come Lucio Fontana, con la sua stanza che ancora riesce a spiazzare il visitatore.
CRAZY Chiostro del Bramante – gli artisti
Undici degli artisti coinvolti nella mostra, hanno creato installazioni che occupano gli spazi esterni e interni del Chiostro del Bramante, tra questi il pavimento di specchi rotti di Alfredo Pirri che ormai essendosi visto in varie mostre è quasi divenuto un classico, oppure le scritte al neon di Alfredo Jarr anch’esse ormai sulla strada di divenire un must.
Al contrario di Sun Yuan e Peng You, dove si vedono i manichini che hanno al posto della testa un masso, oppure per l’opera di Carlos Amorales, in cui le farfalle svolazzano idealmente sulle scale. Dirompenti è soprattutto il soffitto sfondato di Thomas Hirschhorn, da dove piovono oggetti che riempiono un tavolo sottostante. E così altre opere tra le quali quella di Massimo Bartolini già presentata nel 1968 a Documenta di Kassel.
Altre opere creano suggestioni di varia natura, sono ad esempio rappresentate dalle scale ricoperte da colori a strisce, come una colata che nella seconda rampa, si spargono sul pavimento senza confondersi di Ian Daveport. O la stanza ambigua, di Anne Hardy popolata di meteore e altre cose ancora.
È una mostra che va assolutamente vista perché non è facile spiegarla, più interessante e decisamente istruttiva, soprattutto per chi non ha ascoltato la presentazione di Danilo Eccher, o chi non si occupa di arte contemporanea professionalmente.
Per imparare c’è sempre tempo, e questa mostra serve proprio per apprendere.
Savina Fermi