Antonio Fontanesi pittore dell’Ottocento a duecento anni dalla nascita viene ricordato nella sua città natale, Reggio Emilia al Palazzo dei Musei, dal 6 aprile al 14 luglio 2019. E’ curata da Virginia Bertone, Elisabetta Farioli, Claudio Spadoni.
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La quiete 1860 Torino Musei Galleria d’Arte Moderna
Antonio Fontanesi artista ottocentesco, anima inquieta e malinconica, viene ricordato a Reggio Emilia nei Musei Civici in collaborazione con Fondazione Torino Musei-Galleria d’arte moderna e dalla Galleria Ricci Oddi di Piacenza e realizzata in unione con la Regione Emilia Romagna-Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali, la Fondazione Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, e altri Enti.
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La statua a Villa Borghese 1906 Fondazione Musei Civici Ca’ Pesaro
Antonio Fontanesi è stato il protagonista della pittura ottocentesca italiana soprattutto l’innovatore di opere paesaggistiche dal tratto romantico, con un linguaggio e una scelta di luminosità fluida dai coloro velati che lo fece divenire uno dei più importanti paesaggisti dell’Ottocento non solo italiano, con un intimismo dell’ultimo romanticismo.
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La sua vita in un certo senso tormentata, dopo gli studi a Reggio Emilia, lo vide trasfersi a Torino per partecipare alla guerra d’indipendenza e poi transfuga a Ginevra e con i viaggi a Parigi dove subì l’influenza di Corot e della Scuola di Barbizon andando a Londra non poté non rimanere affascinato da Turner e Constable. Ritornato a Torino insegnò alla Scuola di paesaggio dell’Accademia Albertina e poi ebbe anche un incarico a Tokyo.
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Paesaggio sul fiume ( Adda) 1958 Collezione Barilla Parma
Con il ritorno definitivo a Torino riprese il suo insegnamento e si deve parlare della grande influenza che ebbe in particolare sulla Scuola di Rivara. La mostra vede esposte le più importanti tele dell’artista provenienti da grandi musei nazionali che i curatori hanno unito a quelle di artisti che nel loro lavoro hanno messo a fuoco l’influenza che Antonio Fontanesi ha avuto sui posteri fino agli sessanta del Novecento.
Attraverso le opere di Vittorio Grubicy, Leonardo Bistolfi, Giuseppe Pellizza da Volpedo e Angelo Morbelli, in mostra si osserverà i suoi rapporti con la cultura simbolista e divisionista, ma come ipotizzato negli anni ’50 da Roberto Longhi e poi da Franco Arcangeli anche su alcuni artisti si può vedere la sua influenza su Ennio Morlotti, Mattia Moreni e Pompilio Mandelli. Sarà meno facile capire la sua influenza sulle ricerche materiche di Alberto Burri.
Savina Fermi