Spartaco Schiavi e Padroni a Roma

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Lettera di Maximus (tegola inscritta) Madrid Museo Archeologico Nazionale

Nel Museo dell’Ara Pacis a Roma c’è un’importante esposizione dedicata alla rivolta degli schiavi capeggiata da Spartaco e i motivi che l’hanno provocata tra il 73 e il 71 a.C. Gli splendidi reperti sono 250, 10 le foto d’autore, nonché interessanti installazioni video e audio. E’ curata da Claudio Parisi Presticce e Orietta Rossini. Ottimo l’allestimento video e sonoro. Resterà aperta fino al 17 settembre 2017. Catalogo De Luca Editore.

Camillo Miola Orazio in villa olio su tela Napoli Muse o di Capodimonte

Con un allestimento veramente molto attuale dove alcuni video coprono addirittura alcune pareti come nella decima sezione e con l’audio che racconta le varie fasi della mostra, risulta veramente esaustiva. Gli straordinari reperti archeologici dei quali 5 provengono proprio dalla Soprintendenza Capitolina e altri di 13 da altri musei archeologici italiani, nonché dal Louvre di Parigi, dalla Galleria Tretyakov di Mosca, dai Musei Vaticani, dal Museo archeologico nazionale di Madrid, dal Museo Romano-Germanico di Colonia, riescono a mostrare l’importanza che lo schiavismo ha avuto per la grandezza di Roma.

 

 

Statuetta di attore Città del Vaticano Musei Vaticani

 

Roma è divenuta grande anche per il contributo che 6 o10 milioni di schiavi hanno lavorato per renderla tale. La ribellione di Spartaco e degli altri che divennero un vero esercito, fu certamente dovuta alle prove alle quali i romani sottoponevano queste popolazioni vinte che in mostra sono ben messe in luce. Tra i tanti reperti sotto teca si vede uno schiavo bambino che lavora. Non è da meravigliarsi per la rivolta di Spartaco che sconfisse due volte Roma con Pompeo e Lucullo che solo Crasso riuscì a domare con una crudeltà degna di miglior causa.

 

 

Bulla aurea su concessione del MIBACT Sovrintendenza speciale per i Beni Archeologici di Roma Museo Nazionale Romano Palazo Massimo alle Terme

 

Gli schiavi venivano impiegati nei latifondi a cultura intensiva, per regatare e far marciare le navi che servivano per gli scambi commerciali, nelle fabbriche e nelle miniere, nonché per il divertimento come i gladiatori e gli attori. Le sezioni sono 11 e iniziano mostrando come i romani sottomettevano le popolazioni vinte, poi la ribellione di Spartaco e la sottomissione definitiva per la vittoria di Crasso. La terza sezione è dedicata al commercio degli schiavi in tutto il Mediterraneo.

 

 

 

Applique con barbaro prigioniero metà I sec.d.C. Brescia Museo di Santa Giulia

La quarta al lavoro degli schiavi come domestici che era di gran lunga migliore rispetto a quello degli altri, alcuni erano addirittura stimati dai padroni. La quinta è riferita agli schiavi nei lavori dei campi e la sesta alle schiave sfruttate come meretrici, dove però se scelte dal padrone, riuscivano a raggiungere un posto importante nella famiglia dello stesso. La settima è dedicata ai mestieri degli schiavi. Tra I più vituperati erano le prostitute, gli attori, gli aurighi e i gladiatori tra i quali era Spartaco che condusse la rivolta di Capua. La sezione ottava è dedicata agli schiavi bambini che è quella da maggiormente condannare.

Frammento di mosaico figurato Paris Musée du Louvre Departement des Antiquitès greques, étrusque et romaines.© Photo RMN-Grand Palais (museée du Louvre)/Hervé LewandowskiFrammento di mosaico figurato Paris Musée du Louvre Departement des Antiquitès greques, étrusque et romaines.© Photo RMN-Grand Palais (museée du Louvre)/Hervé Lewandowski

La nona parla dei mestieri degli schiavi minatori e la decima indica la strada per divenire Liberti che arrivavano ad essere cittadini romani a tutti gli effetti. Era un modo per consentire agli schiavi di raggiungere, a volte pagando, la loro libertà.  La undicesima sezione inerisce la religione romana e l’affermazione del Cristianesimo. Le 10 foto di grandi fotografi contemporanei  curata da Alessandra Mauro Scarzella e Hubert Westkemper vede come la schiavitù sia ancora praticata in maniera diversa, ma restando sempre schiavitù.

Emilia Dodi

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