Lockdown all’italiana al cinema

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Lockdown all’italiana al cinema è il primo film girato dopo la chiusura di tutte le attività a seguito della pandemia. Con la regia di Enrico Vanzina il film si può definire un instant movie, una pellicola cioè che coglie l’immediatezza di un fatto per proporlo al pubblico sulla scorta di emozioni ancora fresche.

L’avvocato di successo Ezio Greggio (Giovanni) vive in una casa di 350 metri quadri al centro di Roma con la moglie Paola Minaccioni. Lei (Mariella) affetta da shopping compulsivo frequenta costose boutiques e locali esclusivi, lui si divide tra l’attività professionale e la giovane amante, la ‘borgatara’ Martina Stella (Tamara) che a sua volta tradisce il marito, un pavido tassista, Ricky Menphis (Walter).

Una leggerezza di troppo nella gestione dei telefonini, attraverso i quali i due fedifraghi si scambiano messaggini e foto assai compromettenti, svela ai rispettivi coniugi il tradimento. Dopo i primi patetici tentativi di negazione/giustificazione Giovanni e Tamara vengono cacciati da casa. Con il trolley già in mano, traditi e traditori assistono stupiti all’annuncio che L’Italia è in lockdown: è l’8 marzo 2020.

Lockdown all’italiana è il primo film girato dopo la chiusura di tutte le attività a seguito della pandemia. Ed è forse questo uno dei motivi (del tutto ingiustificati) che hanno attirato sul regista le attenzioni di alcuni ‘odiatori’ del web che hanno accusato Vanzina di sfruttare un fatto doloroso per fare soldi. Difeso da collegi e fan Enrico Vanzina trova l’occasione della conferenza stampa romana di presentazione del film per tornare sull’episodio “la cosa che mi ha più addolorato è sentir dire che io speculo sul dolore e la morte”.

E prosegue ricordando come lui stesso abbia sofferto per una grave perdita nel luglio 2018 con la morte del fratello Carlo. Girato tutto in interni (beh, si parla di lockdown!) nelle case dei borghesi e dei periferici “è un film di sceneggiatura – continua Vanzina – un film semplice e soprattutto onesto e credo che sia Carlo che papà l’avrebbero fatto.”

L’ambizione del film è chiaramente quella di divertire, alleggerire un periodo molto difficile e riportare il pubblico in sala. Costretti a restare insieme Giovanni e Mariella, Walter e Tamara si azzuffano, litigano, insultano, si accusano reciprocamente del fallimento del loro rapporto (Vanzina dice di essersi ispirato a Carnage film del 2011 di Roman Polanski) e mentre fuori il mondo si è fermato (belle le riprese con il drone di una Roma affascinante e deserta) Mariella, causa chiusura dei parrucchieri, teme più la ricrescita che le corna.

Mentre Giovanni cerca conforto con una procace vicina di casa. E in casa dei borgatari? Tamara senza più il facoltoso amante cerca di sedurre nuovamente il marito per mandarlo a lavorare e alzare qualche spiccio. Walter non cede, stravaccato davanti alla tv insensibile (sembra) alle grazie della bella moglie.

Tra battute infarcite di luoghi comuni (che qualche risata però la strappano ancora) cani di pezza da portare a spasso come scusa per uscire, multe a pioggia per innocenti (ma non sempre!) scappatelle al supermercato, i famosi DPCM indecifrabili, e le altrettanto incomprensibili autocertificazioni il film ripercorre in tono tragicomico un periodo e sensazioni che in qualche modo ognuno di noi ha vissuto e che si augura di non vivere mai più.

Quindi pur mantenendo il massimo rispetto per gli avvenimenti drammatici e luttuosi che hanno colpito l’Italia (e il mondo intero) Lockdown all’Italiana è dichiaratamente una commedia all’italiana appunto che, come diceva Monicelli tratta “con termini comici, ironici e umoristici gli argomenti che sono invece drammatici. Ed è questo che la distingue da tutte le altre commedie”.

Il pubblico sembra apprezzare questa voglia di spensieratezza (il film è 2° al box office) e la condivisione in sala anche di una sola mezza risata. Certamente era questa (e non altro!) l’intenzione di Enrico Vanzina che, oltre alle citazioni illustri (il Gassmann de La Terrazza) e le autocitazioni di Sapore di Mare apre il film citando Prévert Bisognerebbe tentare di essere felici, non fosse altro per dare l’esempio”.

Ludovica Mariani

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