Paolo Poli celebrato in una mostra al teatro Valle

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Dal 20 settembre al 4 novembre al Teatro Valle, che riapre per l’occasione, viene allestita una mostra multimediale – curata dal critico teatrale Rodolfo di Giammarco e dal compositore Andrea Farri, nipote di Poli – intitolata Paolo Poli è…, tutta dedicata all’eclettico attore fiorentino scomparso nel marzo 2016. Di questo importante evento ne parla la persona che più gli è stata vicina, la sorella Lucia, anche lei attrice.

Signora Poli, perché questa mostra su suo fratello e perché proprio al Teatro Valle?

Per ricordare in maniera diversa Paolo, perché è ancora presente in tante persone, compresa me, come se fosse ancora vivo. Sia io che Paolo siamo nati a Firenze; lui prima di me è venuto a Roma e la Capitale è stata la sua città d’adozione. In questa esposizione-omaggio che il Teatro di Roma e il Comune hanno organizzato si è scelto il Teatro Valle perché è quello che Paolo amava di più, ha portato qui tanti spettacoli e si sentiva come a casa sua. Sul palco e nel foyer 600 foto, bozzetti, costumi e 40 monitor con tanti video che racconteranno i suoi spettacoli, registrazioni audio, che permetteranno di rivedere la sua personalità, la sua magia attraverso immagini e suoni”.

Suo fratello viene ricordato con ben 568 aggettivi. A lei quale piace di più?

Sono tutti gli aggettivi che ha avuto nel corso dei 60 anni di carriera dai giornalisti che lo hanno raccontato nelle sue caratteristiche più spiccate del gioco teatrale e che uno dei curatori della mostra, Rodolfo di Giammarco, ha raccolto, mettendoli tutti insieme. Non ho preferenze, mi piacciono tutti, perché evidenziano le varie personalità di Paolo: acrobatico, ammaliante, pretesco, ascetico, funambolico, camaleontico, birbaccione, amabile, narcisista, zitellesco”.

Cosa ricorda più di Paolo?

Di Paolo ho tanti ricordi. Per me è stato il fratello grande che mi è stato vicino. Mio padre è morto che io avevo cinque anni; Paolo non mi ha fatto da padre, ma è stato sempre presente, con quell’atteggiamento da ragazzaccio, compagno di giochi. Era bravo anche a dipingere, aveva uno spiccato senso artistico. Ho ancora conservati dei ritratti che mi ha fatto quando ero bambina. Ero la sua modella preferita e questo mi lusingava. E’ sempre stato il mio punto di riferimento. Mi manca”.

Paolo Poli era un attore a cui piaceva molto provocare. Anche lei provoca?

Anch’io ho avuto dei momenti di grande provocazione, quando negli anni ’70 toccai temi legati alla politica, al femminismo. Ho cominciato nei teatri d’avanguardia, quando il teatro si faceva nelle cantine. Ho gestito in quegli anni l’Alberico, un teatro di rottura. Paolo ha provocato più di me. Le mie provocazioni sono state sempre ‘banali’, terrene, mentre lui essendo surreale, irriverente, funambolico, diverso adorabile e ‘pinocchiesco’, camminava a un metro e mezzo da terra”.

Qualcuno si è mai scandalizzato per la sua irriverenza?

Moltissime persone. Ha avuto dei momenti di grande difficoltà, uno per tutti: nel 1967 Paolo mise in scena Santa Rita da Cascia. Lo spettacolo fu sospeso per vilipendio alla religione. Per quegli anni era uno scandalo: interpretare una santa e per di più vestito da donna. Poi con il ’68, gli anni della contestazione le cose sono cambiate”.

Tra il pubblico di suo fratello, erano più i giovani o gli adulti a seguirlo?

Paolo aveva un pubblico sterminato, i teatri dove faceva i suoi spettacoli erano sempre strapieni. Era amato sia dagli anziani che dai giovani, soprattutto dai gay. Tutti sappiamo, lui non faceva nulla per nasconderlo, che mio fratello era omosessuale: per questo non ha mai avuto nessuna vergogna, andava a testa alta. Era un punto di riferimento per i gay ed era molto amato dalle donne per la sua sensibilità, cosa che affascinava le donne che non trovavano la stessa sensibilità negli uomini. Non era invece amato dalla gente di potere, della politica, visto che era un ‘birichino’ che fustigava i loro costumi”.

Parliamo di lei, invece. Quali saranno i suoi impegni futuri?

“Riprenderò per il terzo anno Sorelle Materassi, con l’adattamento di Ugo Chiti e la regia di Geppy Gleijeses, una pièce tratta dal mitico romanzo di Aldo Palazzeschi. Con me in scena Milena Vukotic e Marilù Prati. Saremo solo dal 4 al 9 dicembre al Teatro Quirino e poi in tournée”.

Giancarlo Leone

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