Dopo il silenzio al Ghione

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Sebastiano Lo Monaco è, insieme ad Elisabetta Pozzi e Turi Moricca, l’animo umano che racconta di mafia, di una mafia apparentemente immortale che Pietro Grasso continua a descrivere e della quale vuole ancora approfondire le recondite intenzioni, le origini, la necessità di ostacolarla.

Liberi tutti” è il titolo del libro opera del magistrato siciliano che Francesco Nicolini e Margherita Rubino hanno adattato per il teatro e che due attori potenti come Sebastiano Lo Monaco e Turi Moricca hanno recitato sul palcoscenico del Ghione insieme ad una splendida Elisabetta Pozzi descrivendo adeguatamente cosa sia la mafia e quali siano le necessità di eliminarla.

I giovani in genere sono i destinatari di questo lavoro, che in maniera accorata e calcante li stimola a reagire verso tutte le ingiustizie che le organizzazioni criminali commettono, proprio ed in particolare in loro danno, li vuole indurre a non chiudere gli occhi di fronte alle ingiustizie a non accettare logiche clientelari.

 

Anche se in forma non strettamente biografica sul palcoscenico emerge la figura dell’autore del libro che racconta di se, delle origini della mafia, dei metodi coercitivi che usa, le regole interne che la governano e, in maniera assolutamente apprezzabile ne consiglia i metodi a disposizione per eradicarla: per combatterla occorrerebbe smascherarne i progetti, le menzogne ed occorrerebbe altresì far capire alla gente che accettare la mafia non rappresenta una forma  di pseudo protezione: accettarla significa soltanto rassegnazione.

 

Molto bello è il riferimento del titolo del lavoro al vecchio gioco per ragazzi dall’affascinate nome di “Tana libera tutti” perché proprio quel gioco, nel quale l’ultimo dei partecipanti correndo forte raggiunge la “tana” e può così gridate “liberi tutti!” è la rappresentazione di come, fors’anche in maniera non completamente forte, potrebbe raggiungersi quella forma di liberazione che manca ai giovani d’oggi i quali appaiono i veri destinatari del messaggio che un magistrato di lunga carriera come Pietro Grasso intende lanciare per la loro salvezza e di quella di tutta l’umanità: perché “mafia” è delinquenza organizzata in tutti gli angoli del mondo.

Insomma, un lavoro a carattere divulgativo che ha lo scopo di combattere ogni organizzazione malavitosa e che comprende le “istruzioni per l’uso” per affrontarla, scritte da chi di mafia se ne intende avendone penetrato l’intima essenza nel corso di quarant’anni di carriera.

Veramente grande l’interpretazione di Sebastiano Lo Monaco e degli altri due comprimari in scena che riescono perfettamente a dare l’idea di come le giovani generazioni si trovino in questo momento storico completamente disorientate, anche con la involontaria complicità di invadenti mezzi tecnologici che velocissimamente tutto divorano; il teatro rappresenta, in queste condizioni forse l’ultimo baluardo per  realizzare e portare a compimento una lotta estenuante si ma foriera di grandi speranze.

Molto semplice la scena, soffuse le luci perfettamente idonee alla rappresentazione che, sia pure contornata di profonda tristezza, induce pur sempre alla speranza; perfetta la regia di un bravissimo Alessio Pizzech che con pochi ma abili tratti riesce a fa comprendere allo spettatore che il palcoscenico è il luogo della Storia, di una storia collettiva che attraversa le piccole vicende personali di ognuno di noi e che quindi può in sé contenere le fondamenta di una possibile rinascita.

Andrea Gentili

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