Jim Dine in esposizione a Roma

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Jim Dine The Flowering Sheets ( Poer Singing) 2008-2016 Installazione con più elementi di dimensioni variabili Polyester, Plaster, Wood charcoal/ polistirolo gesso e legno

Fino al 3 febbraio 2018 all’Accademia di San Luca Palazzo Carpegna si potranno ammirare le opere dell’artista americano Jim Dine, (1935) notissimo fin dagli anni ‘60 del Novecento, dal titolo” House Of Works The Muse and Seven Black Painting”. E’ un reciproco omaggio per la sua elezione a Accademico di San Luca.

Jim Dine
The Flowering Sheets ( Poer Singing) 2008-2016 Installazione con più
elementi di dimensioni variabili Polyester, Plaster, Wood charcoal/
polistirolo gesso e legno

 

In occasione della sua elezione a Accademico di San Luca, Jim Dine, ha voluto portare l’installazione The Muse presentata al Getty Museum nel 2008 “The Flowerung Sheet ( Poet Singing) che  consta di un suo grande autoritratto e cinque grandi statue femminili, nonché sulle pareti tutte coperte della sala “The Flowering Sheers (Poel Singing) un poema scritto di suo pugno con il carboncino a caratteri grandissimi e grandi.

 

Jim Dine
I Sign of Its Pale Color, Tenderness 2015, 213,4 x 213,4 cm. Acrylic, sand
and Charcoal on canvas/acrilico, sabbia e carboncino su tela

Nelle due sale a sinistra e a destra sono posizionati dei grandissimi teleri astratti dai vivacissimi colori dove dominano il nero e il rosso, bellissime opere dal titolo “Black Paintings” un intero ciclo che l’artista ha dipinto nel 2015 nel suo studio parigino, dove la materia dei dipinti è corposa e mette in evidenza la sua plasticità e gli stessi titoli delle opere seguono un discorso narrativo raccontando  ciò che non si evince neppure nella fotografia. Il gesto è incisivo, i colori forti mediati dalle imponenti pennellate di nero, rendono alle opere un fascino particolare.

Jim Dine
The Joseph Poem 2015, 213,4×152,4 cm. Acrylic, and charcoal on Canvas/ acrilico ,
sabbia e carboncino su tela.

Per Le Muse la sua enorme testa in legno, poliestere e gesso dipinta in bianco, dialoga con le cinque grandi sculture lignee dove quattro accennano le movenze sensuali di una danza, mentre la quinta sembra estranea a questo ritmo. La testa non parla ma ugualmente dialoga tramite le parole del poema scritto sulle pareti della stanza. Le statue gigantesche sono una sorta di sviluppo delle statuette che nell’antica Grecia erano prodotte a Tanagra, portate a grandi dimensioni. Volendo si potrebbe ipotizzare anche la danza di alcune figure femminili giapponesi.

Jim Dine
Congo Boots 2016 180×130 cm. Woodcut Print, xilografia

Le statue sono realizzate lavorando la quercia americana, seguendone la naturale curvatura dove si nota l’amore dell’artista per gli oggetti naturali e comuni che in un certo periodo della sua ricerca si potevano notare nelle opere dove la tela serviva da contenitore. Jim Dine non è mai stato veramente un artista Pop in quanto al contrario dei suoi colleghi, non ha inteso cancellare del tutto la sua base storica ma renderla con le sue riflessioni, attuale, e a volte drammatica.  Il catalogo bilingue porta i testi di Vincent Katz, Lóránd Hegyi, Claudio Zambianchi, Paola Bonani e il saggio di Alberto Boatto pubblicato nel 1965, nonché la presentazione di Francesco Moschini Segretario generale dell’Accademia Nazionale di San Luca.

Emilia Dodi  

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