La leggenda del pescatore che non sapeva nuotare

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Il centro sud d’Italia è all’attenzione di questo spettacolo che, per la regia di Alessandra Fallucchi, è andato in scena per soli due giorni al Teatro Quirino Vittorio Gassman

Un viaggio che l’autrice, Agnese Fallongo, ha intrapreso attraverso decine di piccoli paesi allo scopo di indagare sulle condizioni economico – sociali di piccole comunità ognuna delle quali presentava particolari caratteristiche: vuoi per l’originalità di alcuni personaggi che per l’attenzione che antiche tradizioni o esperienze vissute da uomini e donne tali da poter essere tramandate e costituire una vera e propria indagine, su un patrimonio ancora vivo quale è quello che consenta di individuare quale sia la nostra vera destinazione negli anni a venire.

 

Tra i tanti personaggi intervistati la Fallongo ne ha selezionati quattro: un pizzaiolo romano, della Garbatella, una ragazza siciliana che vuole evolversi ricorrendo allo swing, una donna napoletana che per i suoi trascorsi, non vuole più che l’amore rientri tra le sue attenzioni e, infine, quello più pregnante, di un pescatore calabrese che non sapeva nuotare.

 

I quattro interpreti di questo particolarissimo lavoro ( Eleonora Del Duce, Agnese Fallongo, Teo Guarini e Domenico Macrì ) rappresentano ognuno per se ma coralmente con gli altri, i personaggi che l’autrice ha individuato per evidenziarli, descrivendoli magistralmente e partecipando ella stessa all’interpretazione.

Dallo svolgimento della descrizione, perfettamente aderente alle varie situazioni portate in scena, è emerso uno spettacolo che induce lo spettatore ad annegarsi e ad abbandonarsi nel suo passato, un passato fatto di quella saggezza popolare che i nostri padri ci hanno fortunatamente tramandato e del quale fatichiamo ad assimilare i significati con la conseguenza che la nostra vita, già di per se obliterata, è diventata una vera e propria ossessione dalla quale, e questa è la morale che emerge dallo spettacolo, di per se drammatico, potremmo guarire assimilando tali esperienze.

Storie di vita insomma, descrizione di antichi mestieri (il pescatore che non sapeva nuotare ), storie narrate da persone che avrebbero voluto essere felici ma che probabilmente non sono riusciti ad esserlo e tali da poter essere divulgate al mondo attraverso l’utilizzo della musica e delle antiche espressioni dialettali, esperienze per noi utili ed  esposte attraverso vari dialetti nel tentativo di omogeneizzare il linguaggio in maniera tale che ogni esperienza evidenziata e descritta possa essere facilmente assimilata.

Bravissimi gli interpreti ed efficacissima la sapiente regia di Alessandra Fallucchi che ha saputo ben sfruttare l’elemento musicale per raccordare tra loro le varie storie, i passaggi da un personaggio all’altro, le mescolanze tra interprete principale della singola storia ed adesione degli altri attori a storie delle quali non sono, di volta in volta, i personaggi principali; molto ben riuscita la non facile sincronia tra l’elemento musica e poetica delle descrizioni

La nuda scenografia e l’azzeccata dazione delle luci contribuiscono a rendere quanto più verosimile l’atmosfera a volte pregna di tristezza ed altre tendente all’allegoria della vita che i quattro attori in scena, appartenenti al Gruppo Gitiesse Artisti Riuniti, esprimono in maniera davvero accattivante.

Andrea Gentili

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