120 battiti al minuto

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Un film bello, importante e soprattutto istruttivo questo 120 battiti al minuto, firmato da Robin Campillo con Nahuel Pérez Biscayart, Arnaud Valois, Adèle Haenel, Antoine Reinartz, Félix Maritaud ed Ariel Borenstein , tanto per citarne alcuni.

Il film è arrivato a Roma per il lancio, dopo aver vinto pochi mesi fa a Cannes il Grand Prix, quello della Fipresci, ed il Queer Palm. Senza contare che è il candidato francese ai prossimi Oscar. Illuminante la frase di Pedro Almodovar presidente della giuria a Cannes”. “Ho amato quel film dal primo minuto fino all’ultimo, non mi sarebbe potuto piacere di più.Campillo ha raccontato storie di eroi veri che hanno salvato molte vite”.

Siamo nella Parigi dei primi  anni Novanta, quando l’AIDS mieteva vittime con numeri spaventosamente alti, mentre il disinteresse degli organi governativi e dell’opinione pubblica riguardo al problema, era inimmaginabile. Per cercare di smuovere le acque nacque Act Up-Paris ed i suoi militanti, gay, lesbiche, ex carcerati, sieropositivi, emofiliaci, malati terminali, s’inventarono la luna in una girandola di azioni e provocazioni per smuovere quella pesante coltre di menefreghismo generale, nei riguardi del problema ed il propagarsi dell’epidemia in maniera esponenziale.

Robert Campillo, collaboratore fétiche di Laurent Cantet come sceneggiatore e montatore, autore, nel 2004 di The Revenants da cui nacque poi la serie omonima prodotta da Canal +, e di Eastern Boy premiato a Venezia e due candidature ai César, è un uomo simpatico che capisce perfettamente l’italiano ma preferisce parlare in francese.

Campillo, lei gli anni 90 li ha vissuti, perché ha aspettato tanto per parlarne?

Ho partecipato ad Act Up –Paris nell’aprile del 1992, a dieci anni dall’epidemia di AIDS. In tv avevo visto un’intervista di Didier Lestrade, uno dei fondatori dell’associazione che parlava della comunità, dell’AIDS, come composta dai malati, dai loro amici e parenti più stretti e dai medici che se ne occupavano, rompendo un silenzio di oltre un decennio, ed è stato in quel momento che ho deciso di unirmi ad Act Up. Ho partecipato alla commissione medica e preso parte a numerose azioni, alcune delle quali hanno ispirato il film. Sono passati venticinque anni tra le vicende di cui parlo nel film ed oggi. Esplorare questo lasso di tempo è stato affascinante”.

Mariangiola Castrovilli

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