L’isola degli schiavi all’Eliseo

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Pierre Marivaux scrisse nel 1725 lo spettacolo che il Ridotto dell’Eliseo porta in scena fino al prossimo 9 aprile per la regia di Ferdinando Ceriani, uno spettacolo che in forma di ipotesi descrive il sovvertimento di alcuni stereotipi sociali, quali il dominio dei padroni sugli schiavi e la eliminazione dei privilegi.

Riabilitazione” è il termine che si evidenzia agli occhi dello spettatore che assiste ad uno spettacolo che vede come protagonisti reali, quattro personaggi pressoché onirici: due nobili e due servitori: Ificrate, il suo servo Papele, Eufrosine e la sua serva Cleante.
I quattro, durante una navigazione vengono assaliti da un naufragio e gettati su un’isola popolata da schiavi che il loro capo, Trivellino, ha organizzato in forma di repubblica; E’ strano?

Si, c’è di strano che la commedia si dipana in un ambiente rovesciato nel quale i servi si scambiano di posto con i padroni, si possono vendicare delle disumanità subite ed i padroni sperimentano quanto male fanno agli schiavi con i loro atteggiamenti.

 

 

Trivellino è bravo a guidare la sua repubblica ma è anche bravo ad entrare nei sentimenti dei vari personaggi che compongono la scena, introducendosi nei loro sentimenti e nei loro animi, animi che essendo ugualmente sopraffatti sono accomunati da un invisibile ma patente filo logico, e attraverso il testo di Marivaux lo fanno in maniera geniale, elegante attraverso adatti travestimenti, gas, atteggiamenti burleschi, musiche.
La sostanza emergente di questo lavoro sta nel fatto che nel rovesciamento delle parti, ovviamente ipotetico, non sta il cambiamento del mondo; l’importante è la “vita” intesa come insieme di auspici ad intessere dialoghi, a confrontarsi tra le parti in causa al fine precipuo di “rimediare agli errori”, anche storici che l’uomo, per il suo insito egoismo, commette continuamente.

Se tutti gli animi potessero in qualche modo collegarsi tra di loro, forse si raggiungerebbe la desiderata giustizia sociale.
Ma tant’è: la storia narrata con molta abilità da un bravissimo Stefano Fresi, che qui evidenzia ancora una volta la sua grande versatilità, addirittura avendo scritto le musiche che accompagnano la colonna sonora, è purtroppo ancora attuale ed il rapporto alla pari appare impossibile da raggiungersi: l’antagonismo tra servi e padroni, tra capi e subalterni purtroppo non riesce proprio a morire.
Bravissimi anche Carlo Ragone nella parte di Trivellino, Giovanni Anzaldo ed Ippolita Baldini con Carla Ferraro che danno vita ad una concretizzazione della morale secondo la quale sarebbe socialmente utile, per tutte le parti in causa, comprendersi e tollerarsi per rimediare agli errori storici cui l’umanità è assoggettata.

Giancarlo Leone

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