L’amante

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Solo per quattro giorni al Teatro Le Salette di Roma è andato in scena L’amante di Harold Pinter, atto unico del 1963, in cui il drammaturgo inglese indaga sulla difficile convivenza di due coniugi che, in crisi matrimoniale, sono mossi ad inventare degli accorgimenti che riaccendono le braci di una passione assopita. In questa versione ne sono protagonisti Alessandro Lupi e Martina Menichini, per la regia di Felice Sandro Leo.

 

Solo per quattro giorni al Teatro Le Salette di Roma è andato in scena L’amante di Harold Pinter, atto unico del 1963, in cui il drammaturgo inglese indaga sulla difficile convivenza di due coniugi che, in crisi matrimoniale, sono mossi ad inventare degli accorgimenti che riaccendono le braci di una passione assopita.

 

I protagonisti sono Sarah e Richard, una coppia di sposi che vive nella periferia londinese. Sebbene si tratti di una giovane coppia, i dieci anni di matrimonio sembrano far sentire pesantemente gli effetti della noia e della routine, motivo per il quale i due, volendo evadere dal grigiore quotidiano della coppia, si tradiscono reciprocamente da anni. E non mantengono il segreto. Sarah riceve il suo amante sotto lo stesso tetto coniugale, mentre Richard è in ufficio. Sulla strada del ritorno, invece, Richard è solito fare una piccola deviazione per intrattenersi con una prostituta. La cosa va avanti da tempo ed entrambi sono a conoscenza dei tradimenti dell’altro e sembrano accettarli senza gelosia, anzi con molta curiosità da parte de entrambi. Ma Pinter è abilissimo a rovesciare la realtà, a confondere il verosimile con la verità, mettendo a punto un colpo di scena finale che fa crollare tutte le certezze e svela la reale natura degli incontri adulteri della coppia.

 

Bastano pochi minuti per rendersi conto che le cose non stanno realmente così, visto che il marito che esce di casa la mattina per andare a lavorare a Londra e l’amante che vi entra nel pomeriggio per scomparire prima che l’altro faccia ritorno sono, in realtà, la stessa persona: la coppia ha creato questa variante autarchica dell’adulterio per conservare o ridare vigore al loro rapporto.

 

Ma quando tutte le carte del gioco sembrano essere state messe in tavola, ancora una volta il genio di Pinter cala un altro asso. Anche come amante, infatti, il protagonista tende a sdoppiarsi, facendo prima la parte di uno sconosciuto salvatore, poi dichiara di voler rompere la relazione perché gli disgusta continuare a “tradire” la donna che ama. E il bello ancora deve venire: la sera, rincasato in veste di marito, si scopre anche geloso e ordina alla moglie meravigliata di rispettare, da adesso, la sacralità domestica: se proprio vuole incontrare l’amante, lo incontri fuori casa. E’ il preludio dell’avvitamento della storia su sé stessa: così il marito si trasforma “a vista” nell’amante e tutto si conclude con il preludio ad un amplesso fuori orario, non pomeridiano, fra i due adulteri immaginari.

 

All’insegna del minimalismo la scena è nuda e sono necessari pochi oggetti per creare spazi o situazioni: due poltrone e un tavolino in un soggiorno, due stoffe bianche a terra rappresentano il letto degli sposi, mentre il “tradimento” e la trasgressione viene identificata nei tacchi alti e nei bongo.

 

 

 

 

La regia di Felice Sandro Leo mette pienamente a fuoco la situazione dello “strano” tradimento, puntando tutto sulla forza del testo e sulla straordinaria espressività dei due attori. Martina Menichini rende perfettamente la totalità delle sfumature di Sarah, moglie annoiata, amante sensuale ed appassionata, donna punta sul vivo dalle critiche sulla sua forma fisica, partner abbandonata, attento ed amoroso angelo del focolare domestico. L’attrice riesce a risultare con naturalezza dolce, isterica, ironica, innamorata, trasgressiva, passionale, stanca, delusa, offesa, annoiata, offrendo allo spettatore più sfaccettature di Sarah.

 

Alessandro Lupi impersona magistralmente il doppio ruolo di Richard, grigio manager della city e sposo annoiato e di Max, l’appassionato amante di Sarah con cambi di registro eccellenti ed una mimica facciale da vero camaleonte della scena, che lascia traspirare nella giusta dose quella commistione di cinismo ed ironia che si ritrova in varie opere di Pinter.
Giancarlo Leone

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