Ho amici in paradiso ha il sapore di certi film francesi, come per esempio Quasi amici o La famiglia Belier, dove l’handicap è trattato con mano leggera e senza pietismi. Il nuovo film di Fabrizio Maria Cortese ha qualcosa in più, si avvale infatti dell’idea di far recitare i ruoli dei malati ai veri ospiti del centro Don Guanella, e cioè attori non professionisti che interagiscono però con attori del calibro di Valentina Cervi, Fabrizio Ferracane, Antonio Catania, e Antonio Folletto, che state vedendo in queste settimane su Raiuno ne I bastardi di Pizzofalcone.
Ho amici in paradiso era stato già presentato all’ultimo Festival di Roma nella sezione Alice nella Città, con un sontuoso parterre da Monsignor Nunzio Galantino, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana al Ministro della Sanità, onorevole Beatrice Lorenzin al direttore del Centro don Guanella, don Pino Venerito, all’Amministratore Delegato di Rai Cinema, Paolo Del Brocco, ed al Direttore Generale della Fondazione Ente dello Spettacolo Antonio Urrata.
Oggi, alla Casa del cinema di Roma, c’è stata l’anteprima per il lancio finale prima dell’uscita in sala il 2 febbraio prodotto dalla Golden Hour Films e da Rai Cinema, in associazione con l’Opera Don Guanella e la collaborazione della Fondazione Ente dello Spettacolo.
Il regista Fabrizio Maria Cortesi ha esordito dicendo che: “in quest’esperienza di due anni, di giochi e d’improvvisazioni, i ricoverati, sono diventati protagonisti. Attori veri che interagiscono e diventano personaggi vincenti. Sono loro stessi, ma interpretano un ruolo. All’inizio non è stato facile, farli stare in silenzio era diventato un problema. Lavorando prima sull’impostazione e poi sul silenzio, hanno capito perfettamente”.
Don Pino Venerito ha sottolineato invece che “il laboratorio teatrale c’era già da dodici anni, ma non eravamo mai arrivati al cinema”.
“Stare un mese all’interno del Don Guanella, ha fatto meglio a me che agli altri” ha detto il protagonista Fabrizio Ferracane, mentre una Valentina Cervi commossa fino alle lacrime, ha raccontato il suo personaggio, quello di “una psicologa con un figlio che non capisce il ruolo della sua mamma. Lei è stata lasciata già da tempo dal marito e lavorando all’interno del Don Guanella, ha perso di vista i problemi della persona che le è più vicino, il figlio. E lo svolgimento si dipanerà all’interno della vicenda che è una grande storia d’amore. È stata una grande opportunità trascorrere un mese lì con loro, così liberi da tutte le convenzioni e fisicamente emotivi. Gli operatori del Don Guanella gli dedicano la loro vita, dando tempo, fiducia e spazio a chi vive all’interno. Noi dopo tornavamo a casa ma la vita di questi operatori, è tutta là dentro. Sono vicina a tutti loro e sono stata felice di quest’esperienza vissuta insieme”.
Mariangiola Castrovilli