Il Caso Jekill al Quirino. Sergio Rubini, interprete e regista contemporaneamente di questo lavoro, che si richiama ai prodromi della psicoanalisi (Freud, Jung, Lombroso) è in scena in questo teatro con il noto capolavoro di Robert Luis Stevenson.
Il Caso Jekill al Quirino

Il Caso Jekill al Quirino. Il testo è tutto dedicato all’analisi dei due personaggi principali (Henry Jekill ed Edward Hyd ) i quali, parallelamente insieme e separati, danno vita a quello che il regista di origini baresi, porta in palcoscenico seguendo la intuizione della moglie dell’autore che – giudicando lo scritto del marito un vero e proprio thriller, e non un’opera allegorica quale in effetti è -, lo costrinse a riscriverlo, in soli tre giorni, evidenziando la doppiezza della personalità che si nasconde in ognuno di noi.
Lo spettacolo appare più un giallo che non un’opera di genere

In effetti, lo spettacolo in scena al Quirino dal 21 gennaio al 2 febbraio prossimo, ispirato a “Lo strano caso del dottor Jakill e del signor Hide”, appare più un giallo che non un’opera di genere analogo alle intenzioni di Stevenson, l’autore reso celebre dall’altro suo romanzo pubblicato nel 1883, “L’isola del tesoro”, che lo rese celebre nel 1883.
La trama dello spettacolo

“Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” tratta la storia di un avvocato londinese, che decide di investigare su alcuni singolari episodi, che vedono protagonisti un suo vecchio amico, il dottor Jekyll, e il malvagio signor Hyde, attratto dal misterioso testamento e su un omicidio misterioso.
Una storia di genere universale

Una storia di genere universale che ha consentito all’espressione dottor Jekyll e mister Hyde di entrare nel linguaggio comune, per indicare una persona che sembra avere due distinte personalità, una buona e l’altra malvagia, una natura normalmente buona, ma talvolta totalmente imprevedibile, di un individuo e che in senso psicologico, ha assunto il valore di una metafora dell’ambivalenza del comportamento umano, oltre che del dilemma di una mente scissa tra l’Io e le sue pulsioni irrazionali, e fors’anche incontrollabili.
La regia di Sergio Rubini sembra far assistere ad un thriller

Certamente la regia di Rubini tende a dimostrare le intenzioni dell’Autore, anche attraverso l’utilizzo di una scenografia alquanto cupa, accompagnata da luci altrettanto cupe, che inducono a pensare a qualcosa di psicoanalitico (il ritrovamento della misteriosa pozione in grado di trasformare il buono in cattivo e viceversa), ma l’impressione che si riporta, è quella di assistere ad un thriller.
Uno spettacolo noir ben fatto e ben interpretato dall’intero cast

Un giallo, sia pure ben fatto e ben interpretato da un ottimo bivalente Daniele Russo, da un altrettanto bravo Geno Diana, da Roberto Salemi, Angelo Zampieri ed Alessia Santalucia, che pur interpretando questi ultimi ruoli di genere “secondario”, contribuiscono allo svolgimento di uno spettacolo della durata di circa due ore (peraltro senza intervallo).
Andrea Gentili