Capolavori rubati

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L’arte non è solo piacere estetico, è sempre stata oggetto di contesa. Impossessarsi di un’opera del nemico è stata per millenni la forma più consueta di esibizione e ostentazione di potere. Una storia di “passaggi di proprietà dell’arte” avvincente come un romanzo.  

“Nulla di più sbagliato è pensare che l’arte spinga al bene e alla giustizia. Omicidi, razzie, sciacallaggi, corruzioni, contrabbandi, soprusi, roghi, devastazioni, confische, ruberie hanno contraddistinto la vita di molti capolavori più dello spirito di solidarietà e fratellanza”. Inizia così Capolavori rubati che il critico d’arte Luca Nannipieri ha scritto partendo dalle esperienze di una rubrica che ha tenuto al Caffè di Rai Uno.

Ci sono i più importanti fatti di cronaca che ruotano attorno al mercato dell’arte, il grande teatro del lecito e dell’illecito. La Saliera di Benvenuto Cellini rubata a Vienna, i due Van Gogh di Amsterdam, l’unico Dalì sparito dell’America Latina, l’Urlo di Munch scomparso a Oslo…Ma anche restituzioni all’Italia, il Trapezophoros, il Cratere di Eufronio, la Venere di Morgantina, grazie all’opera insostituibile dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e l’intervento della magistratura e della diplomazia.

Caso da manuale la Natività di Caravaggio. Il 17 ottobre 1969 qualcuno entra nell’ Oratorio di San Lorenzo a Palermo, taglia la tela e scappa. Mai ritrovata. Una volta scomparsa diventa famosissima. Spesso l’attenzione si accende quando l’opera non c’è più. Due Van Gogh e un Cézanne sono il bottino di tre ladri armati di pistola che la notte del 19 maggio ‘98 imbavagliano e chiudono nel bagno tre custodi della Galleria Nazionale di Arte Moderna e Contemporanea di Roma. Vengono riconsegnate allo Stato il 6 luglio, quando le forze dell’ordine arrestano la banda. Il 19 novembre 2015 tre uomini vestiti di nero entrano  nel Museo di Castelvecchio a Verona e tolgono dalle pareti 17 opere, di Mantegna, Tintoretto, Pisanello, Rubens, che finiscono in Ucraina e Moldavia. Sono ritrovate il 6 maggio 2016 chiuse in sacchi di plastica in mezzo alla boscaglia, nella regione di Odessa.

L’autore passa in rassegna anche i furti di arte italiana all’estero. La Gioconda rubata da Vincenzo Peruggia, un imbianchino italiano il 21 agosto del 1911,  giorno dedicato alle pulizie  del museo.  Riesce a staccare il quadro dalla cornice e a portarselo via sotto la giacca indisturbato. Come è stato possibile l’impossibile, titolava La Domenica del Corriere. Il Louvre viene chiuso per una settimana. Quando riapre migliaia di persone affollano la sala per vedere lo spazio vuoto.

 

É il mito della Gioconda, il mito planetario di Leonardo che dalle élite si allarga al popolo.  Il ladro lo tiene nascosto per due anni sotto il letto. Poi prova a riportarla in Italia chiedendo all’antiquario fiorentino Alessandro Geri di comprarla per 500mila lire. Avvisati gli Uffizi e il Soprintendente, quando giunge a Firenze con il rotolo della Gioconda, depositato nella camera dell’Albergo Tripoli Italia, la polizia lo arresta. Prima di tornare al Louvre, il capolavoro viene esposto agli Uffizi, poi a Roma e a Milano. Si sposterà solo altre due volte, in mostra nel ’62 a Washington e New York alla presenza del Presidente Kennedy, e nel ’74 a Tokyo e Mosca.

Il Louvre, ritenuto il più grande museo del mondo con più di 450mila opere, che ha festeggiato dieci milioni di visitatori nel 2018, è un’entità iconica, un monumento simbolo, come le Piramidi o il Colosseo. E la Gioconda è l’oggetto da venerare.

 

A chi appartiene una statua pescata per caso in mare? si chiede l’autore a proposito dell’ Atleta di Fano che un venerdì d’agosto del 1964  viene trovata dal peschereccio Ferri Ferruccio al largo della costa, in una zona detta Scogli di Pedaso, forse in acque internazionali. Qualcosa di strano si è impigliato nelle reti a 75 metri di profondità. Una statua di bronzo, alta un metro e mezzo, tutta incrostata, del IV sec. a. C. che alcuni attribuiscono a Lisippo, il più importante scultore e bronzista greco, conosciuto solo per le copie romane dei Musei Vaticani e Capitolini. Sarebbe la prima opera di Lisippo conservata.

Caricata su un carretta viene portata a casa della proprietaria della barca, senza avvisare Capitaneria, Guardia di Finanza o Soprintendenza. Poi per paura viene sotterrata in un campo di cavoli fino a che non la compra un cementiere di Gubbio che la nasconde con la complicità di un prete nel sottoscala della canonica.  Nel  1974, passati dieci anni, si trova esposta al Getty Museum di Malibù, acquistata per 3,9 milioni di dollari. Il contrabbando internazionale di opere d’arte frutta molto. Una questione tutt’ora aperta  per l’Italia.

Discorso a parte per le spoliazioni napoleoniche che portano a Parigi il Laocoonte, l’Apollo del Belvedere, la Trasfigurazione di Raffaello, opere di  Cimabue, Veronese, Caravaggio. I Cavalli di San Marco vengono innalzati su un arco di trionfo. Torneranno  in Italia grazie ad Antonio Canova. Poi ci sono state le opere trafugate dai nazisti. Quante sono rientrate?

 

Laura Gigliotti

 

  • CAPOLAVORI RUBATI
  • di Luca Nannipieri
  • pag. 172
  • 19 euro
  • SKIRA

 

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Senese di nascita e romana d’adozione. Iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti di Roma dall’81, ha pubblicato in modo continuativo per quotidiani e riviste cartacee: da “La Voce Repubblicana” a “Mondo Economico”, a “ Il Tempo”, “il Giornale”, “Il Sole 24 Ore”. E per giornali online come “Visum” e “Quotidiano Arte”. Senza contare interventi saltuari in numerose pubblicazioni fra cui “Le città” e il “Corriere della Sera”. Sempre di cultura e società in senso lato e in modo specifico di archeologia, architettura, arte e musica. E di libri, di Roma e del Vaticano.

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