“Interludio al Valle”, la riapertura parziale del Teatro

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Riapre parzialmente al pubblico tra la fine della prima fase dei lavori e l’inizio della seconda fase il Teatro Valle, il più antico teatro di Roma. Un teatro dalla storia prestigiosa che rischia di essere cancellato, dimenticato. Dopo le polemiche, l’occupazione durata quattro anni, il degrado e infine la chiusura. Poi i primi lavori di restauro in attesa di interventi radicali per renderlo di nuovo agibile. Quanto tempo dovrà passare perché si alzi di nuovo il sipario?

Fa un certo effetto varcare la soglia del Teatro Valle, entrare nel Foyer, attraversare la platea e sedersi sulle antiche poltroncine di velluto rosso. L’appuntamento, “Interludio Valle”, annuncia la riapertura parziale per un periodo di tempo fra la prima e la seconda fase dei lavori, ma quello che tutti si domandano è quando tornerà a funzionare come un teatro vero e proprio, ad ospitare spettacoli.

A rispondere in platea, il palco è inagibile, l’assessore alla cultura della città e vicesindaco Luca Bergamo e Antonio Calbi dal 2014 direttore artistico del Teatro di Roma, che ha curato la programmazione che animerà gli spazi del Valle in questo periodo, nel rispetto dei limiti imposti dalla situazione.

 

E’ una storia lunga e gloriosa quella del Teatro Valle, il più antico di Roma, che rischia di essere dimenticata dagli eventi degli ultimi anni, in particolare dopo la chiusura nel 2010 dell’Eti che lo aveva gestito per anni, il rischio di vendita e l’occupazione dal 2011 al 2014 da parte di un gruppo di attori. Poi le raccolte di fondi, la mobilitazione, le polemiche, infine lo sgombero dagli occupanti che lo avevano dichiarato “Bene comune”. Nel 2016 è stato ceduto dal Ministero dei Beni Culturali al Campidoglio che ha affidato la gestione al Teatro di Roma diretto da Calbi.

Ed è iniziato faticosamente il recupero di uno spazio magnifico, abbandonato al totale degrado, irriconoscibile, che ha bisogno di lavori strutturali, impegnativi. Manca anche l  documentazione tecnica, “i dati catastali risalgono al ’49 – dice Bergamo – Dell’attacco alla rete idrica antincendio non si sapeva niente, era sepolta sotto il pavimento”. I primi lavori, che si sono appena conclusi, sono di modesta entità, hanno riguardato soprattutto i problemi delle infiltrazioni d’acqua dal tetto, l’accesso ai bagni e agli handicappati per un impegno di circa 300mla euro.

Le risorse disponibili per le fasi successive ben più complesse (si pensi al palcoscenico, ai camerini, ai palchetti inagibili, alla decorazione) ammontano finora, precisa l’Assessore, a un milione e cinquecentomila euro stanziati dal Comune e altrettanti del Mibact. Moltissimo resta ancora da fare dunque e la gara d’appalto   per il restauro non è stata ancora bandita. Tutto appare un po’ vago, nella speranza più che nella possibilità realistica che la soluzione si avvicini. Cosa succede ora? Quando tornerà a vivere? “Non ci sono risposte certe”, risponde l’Assessore, orgoglioso però di quanto è stato deciso fin qui e favorevole a un uso promiscuo del Valle. “Non si fa teatro, ma è uno spazio aperto”, dice. Ed è ottimista, immaginando che si possa concludere entro il mandato della giunta Raggi.

Per ora il Valle è uno spazio espositivo particolare che narra se stesso. Il nome Valle è legato al palazzo in cui si trova, costruito verso il 1530 per il cardinale Andrea Della Valle, passato a una nipote andata in moglie a Camillo Capranica, da cui il nome di Palazzo Capranica. Dopo varie trasformazioni e ampliamenti sarà un altro Camillo Capranica a metà Settecento a realizzare nel cortile la prima struttura in legno del Teatro, un teatro privato di famiglia, opera dell’architetto Tommaso Morelli. Quindi la riedificazione in muratura imposta dal governo pontificio alla famiglia Capranica Del Grillo affidata a Giuseppe Valadier e poi a Gaspare Salvi, la decorazione originaria era di Felice Giani.

 

Tracce di memoria. Il Teatro Valle riparte dal suo passato” è la mostra che ripercorre la storia del teatro nel Foyer dove è disposta una platea di sedie per futuri incontri. Di fronte, dove era il bar, altri resti, cuscini, poltrone, scale, teli rossi, un’installazione che simula forse lo sgombero. Esposti anche documenti d’archivio, locandine, la ricostruzione di un camerino e un percorso visivo a tappe che si distende sul pavimento.

 

Dal 7 gennaio 1727 anno dell’inaugurazione della sala con Matilde” tragedia di Simone Falconio Pratoli, agli anni dell’occupazione 2011-2014. In mezzo c’è il meglio del teatro dell’epoca, prosa, lirica, varietà. Da “Napoli notte e giorno “ di Raffaele Viviani ’68, a “Il giardino dei ciliegi” di Cechov con la regia di Luchino Visconti ’65, “Quando meno te l’aspetti” con Totò e Anna Magnani ’40, “Follie d’America” con Macario e Wanda Osiris ’38, “Il medico per forza” di Molière con Petrolini ’34, “Chi è cchiù felice ‘me” con i De Flippo ’33.

La prima dei “Sei personaggi in cerca d’autore” di Pirandello si tenne al Valle nel ’21, la compagnia era quella di Dario Niccodemi. E andando indietro la Duse, Eduardo Scarpetta, Cimarosa, Rossini con “La Cenerentola”. Un luogo unico il teatro a Roma. Per rendersi conto di cosa ha rappresentato basta leggere (sul pavimento) quello che scriveva Goethe frequentatore assiduo dei teatri della città, dall’Alibert, all’Argentina, al Capranica, a la Pace, al Valle. Proseguendo s’incontra la scala con scritte in rosso sui gradini “NO RACISM, NO SEXISM, NO VIOLENCE…”, segni dell’occupazione, e infine la platea. Sul palcoscenico inagibile e il secondo ordine di palchi è ospitata la mostra-installazione di Mimmo Paladino, un artista noto per la sua teatralità fin dagli anni della “Montagna di sale” ideata per le Orestiadi di Gibellina. A colpire è il grande “Sipario di attesa” lungo 14 metri che Paladino ha realizzato appositamente nel 2009 per il Teatro Argentina con cui ha collaborato per le scenografie dell’“Edipo Re” e dell’“Edipo a Colono” di Mario Martone.

Se sul palcoscenico spiccano corpi, teste, visi, elmi, braccia, reperti di architetture, teste di cavallo, figure ieratiche disseminate su un fondo rosso sangue, un alfabeto di segni tipico dell’artista, al secondo ordine dei palchi si stagliano i ritratti di diciannove drammaturghi antichi e moderni, da Eschilo a Breht, a Pirandello, Shakespeare, Ibsen, Majakovskij. Opere della stessa dimensione, realizzate a tecnica mista su cartone, montate su legno. Sono loro il teatro, affacciati come spettatori muti che aspettano che il sipario si alzi.  Dell’installazione è parte integrante una colonna sonora che miscela musica a voci di autori del Novecento a brani recitati da artisti come Carmelo Bene e Giorgio Albertazzi.

E nel prossimo futuro altre iniziative con il Valle al centro dell’attenzione. “Sei Personaggi” s’intitola l’esposizione di sei sculture, una è di Cattelan, della collezione d’arte contemporanea Sandretto Re Rebaudengo di Torino. Sei personaggi drammatici sul palcoscenico come quelli di Pirandello. E a settembre-ottobre una mostra multimediale sul genio, la storia e l’arte di Paolo Poli, in sala presente la sorella Lucia. Sessant’anni di carriera teatrale testimoniata anche da video, bozzetti, scenografie, una mostra-album da sfogliare. Anni fa venne chiesto a Franca Valeri di scrivere un monologo sul Valle. L’ha scritto, s’intitola “La custode”, racconta 291 anni di storia del Teatro. “Reciterà il pezzo, verrà registrato e presentato in una serata d’amore per lei”, assicura Calbi.

Via del Teatro Valle, 21 Roma. Orario: giovedì, venerdì e sabato dalle 17.00 alle 20.00; domenica dalle 11.00 alle 18.00. Paladino fino al 13 maggio 2018, Tracce di memoria fino a dicembre 2018. Informazioni: www.teatrodiroma.net

Laura Gigliotti

 

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Senese di nascita e romana d’adozione. Iscritta all’Ordine Nazionale dei Giornalisti di Roma dall’81, ha pubblicato in modo continuativo per quotidiani e riviste cartacee: da “La Voce Repubblicana” a “Mondo Economico”, a “ Il Tempo”, “il Giornale”, “Il Sole 24 Ore”. E per giornali online come “Visum” e “Quotidiano Arte”. Senza contare interventi saltuari in numerose pubblicazioni fra cui “Le città” e il “Corriere della Sera”. Sempre di cultura e società in senso lato e in modo specifico di archeologia, architettura, arte e musica. E di libri, di Roma e del Vaticano.

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