Sei personaggi in cerca d’autore

0

Al Teatro Ghione è andato in scena in scena uno dei massimi lavori di Luigi Pirandello, attraverso il quale il drammaturgo siciliano descrive una serie di complessi universi fatti di linguaggi, sogni ed allucinazioni vissuti in un ambiente nel quale giunge a far coincidere il mondo dei vivi con quello dei morti, tendendo a scoprire modi diversi per entrare nelle menti e negli atteggiamenti dei personaggi e, in ultima analisi, della natura umana.

Il tutto in un complesso equilibrio all’interno del quale i personaggi e le figure si muovono per comporre un affresco delicato si, ma di straordinaria potenza, con un unico raggio di luce attraversante la pur semplice scenografia dominata da una madre ( Silvia Brogi ) che, pur bistrattata e tradita dal suo uomo, nutre sempre la speranza di un futuro luminoso. Proprio ciò che l’autore analizza addirittura in forma ironica preannunciando, forse, un suo risveglio che possa condurre i sei personaggi verso la speranza, alla stregua di una analisi spiccatamente psicologica della mente umana in generale.

Su un palcoscenico dove si stanno svolgendo delle prove si muove una compagnia di attori per portare in scena, una futura rappresentazione (probabilmente quella tratta da “Il giuoco delle parti”, dello stesso Pirandello). Gli attori che provano il lavoro vengono interrotti da un usciere che annuncia al capocomico l’arrivo di sei “personaggi” che intenderebbero raccontare le loro storie, i loro drammi; il capo comico, prima indispettito dalla interruzione, acconsente poi a che i sei intervengano al posto degli attori che stanno provando.

Da questo momento in poi si sviluppa un intreccio di battute tra un padre ed una figliastra, tra una moglie ed un figlio, un segretario alquanto invadente che vive in casa loro in un equilibrio quasi perfetto malgrado l’anomalo rapporto tra i vari componenti la famiglia (tra i quali la decisione faticosa della figlia che si concede ad alcuni uomini, padre compreso).

Una serie di avvenimenti più o meno drammatici, ma certamente alquanto cerebralmente elaborati come soltanto la mente di Pirandello è in grado di architettare, compongono lo svolgimento di uno o più drammi che porteranno alla rivelazione di una amara verità al’interno della quale la pazzia e la follia regnano sovrane, quasi ad identificare l’umana scontentezza e l’artificiosità di ogni atteggiamento.

Difficile dire quali degli attori in scena sia il più bravo, da Felice Della Corte a Fabio Orlandi, da Silvia Brogi a Gino Auriuso, ai quali si aggiungono Francesca Innocenti, Gioele Rotini, Marco Luipi e Titti Cerrona, Jessica Agnoli, e Luca Vergoni, oltre ad Andrea Melandri i quali tutti, coralmente, riescono ad infondere alla rappresentazione quell’aurea di mistero e di dramma, di sconvolgimento di vite umane senza tuttavia far intravedere prospettive o speranze di risveglio da un letargo mortale.

Ottima, autorevole, la regia di Claudio Boccaccini in grado di pienamente esprimere e trasmettere al pubblico il pensiero dell’autore. Un inno al teatro come strumento teso a rappresentare per mezzo di scene ed atteggiamenti traumatici, una volontà di vivere una vita autentica e serena all’interno della quale, però, si ripete l’angoscia della colpa materializzata, con la compromissione dei rapporti intepersonali fin dal momento stesso in cui si formano, spingendo in tal modo l’essere umano verso una irrimediabile solitudine, che nel caso di specie si realizzata nell’incontro, all’interno di un postribolo, tra un padre ed una figlia.

Andrea Gentili

 

Nessun commento