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    Categories: Spettacolo

I miserabili al teatro Quirino di Roma

Non vi è dubbio che riassumere in un seppur ampio spazio di tempo, teatralmente parlando due ore e mezzo circa divise in due tempi quasi infiniti, un colosso della letteratura mondiale quale è il capolavoro di Victor Hugo in scena al teatro Quirino Vittorio Gassman dal 23 ottobre scorso fino al prossimo 4 novembre, poi in tournée, è impresa non facile, ma complice l’attuale andamento della società che vede sempre più aumentare il divario tra ricchi e poveri Franco Però ha deciso di provarci assimilando ai nostri giorni quelli vissuti dalla Francia nell’arco di tempo che va dal 1815 al 1832.

Per carità, l’ardua impresa merita di essere premiata, se non altro per il potere di sintesi posto in atto dall’intraprendente regista, ma l’insieme non appare proprio un coacervo di successi tenuto conto che lo spettacolo non sembra assolutamente attrarre, in quanto a possibilità di poter essere agevolmente seguito da una poltrona di teatro sulla quale può sedere tanto uno spettatore normale, che un esperto di letteratura francese per il quale ultimo, a nostro parere, si perderebbe anche il filo del romanzo storico che all’epoca della sua uscita, 1862, divenne uno dei più popolari.

L’ambientazione, e per essa la sceneggiatura di Domenico Franchi, riesce, con non poca fatica, a rendere l’idea insita nel romanzo: far conoscere e perpetuare tanto le vicissitudini dell’ex, e reiterato, galeotto Jean Valjean (al cui personaggio un grande Franco Branciaroli riesce ad attribuire un che di universale), quanto la reazione antimonarchica francese del 1832 che le guerre napoleoniche ed i prodromi della Rivoluzione Francese del 1789; e lo fa attraverso l’uso di un insieme di pareti mobili il cui scorrimento continuo da parte degli attori in scena simula e richiama il faticoso sfogliare delle millecinquecento pagine che compongo l’opera di Hugo.

Senza entrare nel dettaglio delle singole ed innumerevoli vicende che compongono i tanti episodi del romanzo vale la pena di evidenziare positivamente la scelta operata dall’adattatore del lavoro, Luca Doninelli, nel descrivere i dialoghi e le vicende intervenute tra il il vescovo di Digne, Monsignor Charles-Francois-Bienvenu Myriel (Alessandro Albertini ne è il molto efficace interprete) ed il galeotto, quelli tra lo stesso Jean Valjean ed il controverso ed inafferrabile Thenardier (Riccardo Maranzana), come pure la capacità di rappresentare la bella e delicata storia d’amore tra Cosette (Romina Colbasso) e Marius (Filippo Borghi).

Il tutto a rappresentare la tristezza, la solitudine di un uomo quale Jean Valjean che, soltanto per aver operato la carità di voler dar da mangiare alla di lui sorella ed ai figli di quest’ultima, carità posta in atto attraverso il furto, pensate un po’, di un tozzo di pane, è costretto a vivere una vita colma di colpi di scena che attraversano, come l’arco storico in cui è ambientato il romanzo, sentimenti e sensazioni forti quali la redenzione, il successo economico, le fughe dai poliziotti che continuamente lo inseguono, l’umana cattiveria.

E, come tutte le storie complesse ed avventurose, anche la vita del protagonista si conclude, si fa per dire, con un lieto fine: la figlia adottiva Cosette e suo marito Marius potranno abbracciarlo prima di morire in un letto accanto al quale due candelabri d’argento che formano in un certo senso l’incipt e lla base della storia narrata, illuminano il suo decesso quasi a continuare il legame spirituale con il vescovo Myriel che fu per lui un esempio vivente di vita operosa e, tutto sommato, dedita all’altrui benessere.

Fra i tanti altri personaggi (una dozzina) che compongono il cast, oltre a quelli ricordati, appare utile segnalare Emanuele Fortunati

(nei panni di Couferac e di Montaparnasse ), di Andrea Germani

(in quelli di Enjolras e di Guelemer), di Combeferre e Babet

(Jacopo Morra), di Madame Thenardier  e Magloire (Maria Grazia Plos) oltre che di Valentina Violo interprete di Eponine.

Andrea Gentili

 

Andrea Gentili: