Intervista a Raffaella Ferrè autrice di Lo stronzo geniale- Colonnese editore. Può un personaggio fittizio entrare con tanta forza nell’immaginario collettivo da dedicargli un libro-guida? Sì. Succede se il personaggio è di Elena Ferrante e se a scriverne con sguardo indagatore e penna critica e ironica, è Raffaella Ferrè. Visum ha incontrato l’Autrice di questo interessante libro, giunto alla seconda ristampa.
Intervista a Raffaella Ferrè autrice di Lo stronzo geniale
Con Lo stronzo geniale – Guida semiseria di Nino Sarratore edito da Colonnese, il personaggio di Sarratore, controverso e ambiguo, che attrae ma che sa ferire è “investigato”, dall’Autrice nelle sue complessità, e confrontato con altri uomini della fortunata saga. Raffaella Ferrè prolifica autrice di saggi, romanzi e racconti e studiosa di Ferrante, scrive una piacevole guida che fa riflettere senza luoghi comuni, dedicata a chi si è appassionato ai romanzi di Ferrante e alla successiva fiction TV, e vuole approfondire la tematica dell’amore tossico che rende “sarratoriane” le donne e comprendere il perché “un Nino Sarratore lo conosciamo tutti”.
Raffaella sei appassionata della saga di Elena Ferrante, cosa ti ha spinto a scrivere questa guida dedicata proprio al personaggio di Nino Sarratore? Cosa ti piace della saga?
“Sono una delle appassionate lettrici di Elena Ferrante, la sua intera opera e in particolare modo la tetralogia de L’Amica Geniale. A spingermi verso la scrittura di un testo che muove da uno dei personaggi magistralmente creati da questa Autrice per andare ad analizzare il fenomeno sociale che lo accompagna – l’odio che Nino Sarratore riesce a catalizzare in lettrici, lettori e telespettatori a livello internazionale, dai romanzi alla serie tv – è stata la volontà di capire perché Nino risuona in noi e come mai in molti, come me, sono certi di aver incrociato delle manifestazioni “sarratoriane” nella vita quotidiana. Mi sono chiesta, in pratica, da dove nasceva la battuta ricorrente: “Un Nino Sarratore, nella vita, capita a tutte” e “Un Nino Sarratore lo conosciamo tutti”, e ho cercato di dare una risposta, andando a scandagliare esperienze personali mie e soprattutto altrui. Della saga de L’Amica Geniale, che consiglio a tutti, amo la possibilità di cogliervi – come in questo caso – spunti per la vita reale, insegnamenti, e una narrazione capace di avvincere e accompagnare. È la grande capacità di Ferrante di farci chiedere non solo come andrà a finire la storia raccontata, ma la nostra”.
Nino Sarratore è un personaggio doppio, un manipolatore dal fascino ambiguo. Quanto è facile incontrarlo realmente? Com’è stato da donna raccontare e analizzare questa figura?
“Credo che quelle che chiamo manifestazioni ‘sarratoriane’ siano ricorrenti, pervasive e facilmente individuabili nella nostra vita quotidiana; il guaio è che, come sempre capita con i reali rappresentanti della stirpe Sarratore, ce ne rendiamo conto solo a posteriori, perché tutto nei ‘Nino’ è promessa e divenire e, solo infine, rivelazione e accettazione della verità. Credo anche che, come mi ha raccontato anche Francesco Serpico – meraviglioso interprete di Nino nelle prime tre stagioni della serie tv tratta dai romanzi di Ferrante – dei tratti di questo personaggio siano riscontrabili in tutti gli uomini. Questo va a confermare una sorta di bias culturale, alcune sfumature della cosiddetta mascolinità tossica, e soprattutto, ci riconduce agli intenti di Ferrante nel creare il personaggio: voler rappresentare gli effetti della superficialità combinati con una buona istruzione e una moderata intelligenza. E queste cose, purtroppo, le abbiamo sperimentate tutte e tutti ben oltre il romanzo. Raccontare e analizzare, da donna, questa figura, ha significato anche confrontarmi con il contraltare dei ‘Nino’, la ‘Lenù’. E siamo stati tutti le Lenù di qualcuno, anche Lila’”.
Nel libro ci sono anche riferimenti agli interpreti della fiction tv. I loro contribuiti e interpretazioni sono stati fedeli? Cosa hanno dato o tolto al personaggio?
“Le interpretazioni di Serpico prima, e Gifuni poi, hanno dato tridimensionalità al personaggio, rendendolo visibile. Se Elena Ferrante ci ha fatto il gran piacere di rendere Nino un soggetto riconoscibile, loro sono riusciti a portarlo in scena, a costringerlo quasi a esistere, con un corpo, una faccia, una voce, una gestualità, dvanti al pubblico televisivo. Serpico è stato in grado di mostrarci le sue vulnerabilità e il suo fascino ambiguo, è un Nino idealizzato da chi lo guarda e che, spesso senza volere, si ritrova a fare il tifo per lui. Gifuni ci ha reso il ritratto di un uomo immaginario che risuona nel reale. Ci sono particolari scene in cui mostra, ad esempio, atteggiamenti di sufficienza o di evitamento davanti alle osservazioni e alle domande di Lenù – una bravissima Alba Rohrwacher –. Ebbene, se facciamo scorrere la memoria, sappiamo di aver sperimentato questo tipo di sguardi, espressioni e movenze anche nella realtà”.
Il tuo è un approccio analitico al “fenomeno Serratore” e alle dinamiche sentimentali tossiche, utilizzi anche uno sguardo ironico?
“Assolutamente sì. Prima di tutto perché l’ironia è uno dei tratti di cui il Nino Sarratore personaggio manca, sia perché si prende molto sul serio, sia perché per riuscire a ridere delle situazioni e persino di sé stessi, occorre la capacità di fare autocritica, di cui lui non è davvero provvisto. Inoltre, credo e temo che uno degli effetti del ‘fenomeno Sarratore’ quando sperimentato nel quotidiano, sia il togliere la capacità di ridere anche alla controparte: ci si sente feriti, illusi, traditi da lui e da sé stessi, si fatica ad accettare di essersi sbagliati e di esser stati indotte e indotti allo sbaglio, e si perde di vista la possibilità di una risata liberatoria. Tra le tante lacrime, amarezze e disinganni, invece, forse è il caso di inserire proprio questa”.
Ti sei sentita un po’ detective a indagare su un personaggio tra verità e finzione?
“Da appassionata di gialli, di crime e di true crime, mi piace l’idea di essermi messa sulle tracce di quei tratti del Nino che ricorrono e si manifestano nei soggetti più insospettabili. Più che a una caccia al personaggio o alla persona, però, credo di essermi trovata a indagare sulle dinamiche che egli scatena. E lì credo di aver iniziato a delineare un buon identikit, che può fare solo da minimo corollario all’operazione di squadernamento e inquadramento totale creata e sviluppata da Ferrante”.
“Secondo te perchè l’Amica Geniale piace tanto anche all’estero?
“Perché è una storia universale. Perché combina temi – e l’amore e le relazioni sentimentali né rappresentano solo una parte – con cui tutte e tutti siamo chiamati a confrontarci sin dall’infanzia, e poi nella maturità. L’emancipazione femminile, l’amicizia, la maternità, lo studio, il lavoro, la politica, il rapporto con le proprie origini, la voglia e il genio, la possibilità di diventare altro e di tornare a sé stessi, sono argomenti su cui tutti, prima o dopo, devono riflettere. L’Amica Geniale ci aiuta a farlo e, anche per questo, merita tutto il successo che ha”.
Il libro è uscito da poco, cosa ti aspetti dai lettori?
“Spero che questo piccolo progetto creativo che porto avanti con Colonnese Editore, trovi accoglienza e, soprattutto, faccia il suo dovere: contribuire al discorso ampissimo e immenso su ciò che Ferrante ci ha trasmesso; regalare la possibilità di un sorriso e di un sollievo di comunanza a chi crede di aver incrociato un Nino Sarratore nella propria esistenza”.
Cristina Marra