L’avaro di Molière conquista la platea del Teatro Quirino. E’ un’edizione inedita quella che Luigi Saravo porta in scena sul palcoscenico di questo teatro, una edizione ambientata ai tempi correnti, che quasi disorienta, ma che contemporaneamente ti fa riflettere.
L’avaro di Molière conquista la platea del Teatro Quirino

L’avaro di Molière conquista la platea del Teatro Quirino. E’ un’edizione inedita quella che Luigi Saravo porta in scena sul palcoscenico di quesdto teatro, una edizione ambientata ai tempi correnti, che quasi disorienta ma che contemporaneamente ti fa riflettere, nel senso che al mondo tutto cambia per non cambiare nulla, perché se è vero che Molière scrisse il suo lavoro negli anni ’60 del 1600. il suo Arpagone è veramente di tutti i tempi.
E’ una edizione contemporanea quella di Luigi Saravo al Quirino

Difatti, il personaggio tipico del teatro classico che teme di essere continuamente derubato, si mescola qui all’interno di una più complessa struttura, che pone in evidenza la vicenda amorosa, che vede come protagonista la figlia dell’avaro, Elise, che – innamorata di Valère, un povero disgraziato privo di dote – viene accetta in sposa da Anselme, che il padre le impone.
Il dominante timore di Arpagone di venir derubato, che fa sfociare la vicenda in situazioni al limite del comico

Ed è proprio il dominante timore di Arpagone di venir derubato, che fa sfociare la vicenda in situazioni al limite del comico, anche se nello svolgimento della commedia, si evidenzia in particolare una delle caratteristiche fondamentali dell’epoca in cui viviamo. La smania di far crescere le potenzialità economiche di chi possiede tanto denaro, il richiamo a personaggi e fatti verificatisi in tempi recenti, è assolutamente pertinente.
Tema fondamentale della vicenda in scena è l’avarizia che è però mixata con i matrimoni combinati

Tema fondamentale della vicenda in scena è l’avarizia che è però mixata con i matrimoni combinati: la prima causa è ormai eterna, la seconda – ne siamo consapevoli – è ormai in fase di declino, come la stessa istituzione del matrimonio. Due le visioni di ordine economico che si intravedono nel conflitto tra Arpagone e gli altri personaggi in scena: una di ordine consumistico, e l’altra di ordine conservativo, che nello specifico il regista interpreta evidenziando l’uso di moderne tecnologie e l’altra – contrastante con se stessa – che evidenzia la tirannia del consumismo, elemento quest’ultimo che ben viene personificato da tutti i personaggi in scena.
In scena Arpagone è interpretato da un supremo Ugo Dighero con un ottimo cast che lo attornia

Qui campeggia un Arpagone interpretato da un supremo Ugo Dighero, corredato dalle interpretazioni degli altri attori, che rappresentano personaggi che gli ruotano intorno, i quali a tutta prima sembrerebbero vittime del carattere tirannico dell’avaro, ma che in effetti non sono altro che, persone interessate al ( suo ) denaro, unico e vero protagonista di questo bel lavoro.
Uno spettacolo che vale la pena di non perdere

Uno spettacolo che vale la pena di non perdere, sia per le corali interpretazioni che per le belle scene di Luigi Saravo e di Lorenzo Russo Rainaldi, le coreografie di Claudia Monti e le luci Aldo Mantovani.
Andrea Gentili