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Incontro con lo scrittore Daniele Palmieri

Daniele Palmieri è uno scrittore giunto alla pubblicazione del suo terzo romanzo, un thriller che mescola finzione e storia intitolato Il gatto, il mago e l’inquisitore edito da Magazzini Salani. Visum l’ha incontrato. 

E’ il tuo terzo romanzo, è un thriller che mescola finzione e Storia. Come li mescoli insieme?

Il gatto, il mago e l’inquisitore si situa in una delicata zona di confine tra realtà e immaginazione; se dovessi inserirlo in un filone letterario, lo situerai nella corrente del cosiddetto ‘realismo magico’ in cui il fantastico è una crepa, una spaccatura, nella realtà comune che rivela un mondo-altro. In questo caso – dice lo scrittore –  la potenza e la concretezza del mondo creato dall’immaginazione dipende proprio dalla veridicità e dall’aderenza ai ‘fatti reali’. Per questo il libro ha richiesto un lungo lavoro di studio delle fonti, sia storiche, sia biografiche, sia filosofiche ed esoteriche”.

“Ho cercato di immergermi il più possibile anzitutto nel contesto storico, l’Europa del XVI secolo, epoca estremamente viva e contraddittoria, un crogiuolo di libertà di pensiero e dogmatismo, scossa da lotte politiche, religiose e di pensiero; ma, soprattutto, ho cercato di capire cosa volesse dire vivere come un uomo del XVI secolo, viaggiare e solcare le strade delle città dell’epoca, provare l’ebrezza in una taverna malfamata, provare le privazioni di una vita rurale e, soprattutto, il brivido di essere un mago perseguitato da re, regine, principi, creditori e inquisitori, la cui testa è perennemente in pericolo. Per quanto riguarda quest’ultimo aspetto – sottolinea – ho studiato nei minimi dettagli la biografia di Agrippa, basandomi sulle sue lettere e sulle opere biografiche redatte da Arturo Reghini e Joseph Orsier”.

“Non ultimo, ho approfondito il suo pensiero filosofico e magico, che si lega profondamente all’ambiente esoterico dell’epoca e a testi magici come Il Lemegeton e Le Chiavi di Salomone, contenenti i segreti dei demoni a cui, nel romanzo, ho dato vita attraverso l’immaginazione – ma sempre basandomi sulle descrizione ‘di prima mano’ dei testi magici poc’anzi citati. Ultimo, ma non meno importante, a fare da collante  – conclude Palmieri – tra il mondo reale di Agrippa e il mondo magico vi è il secondo protagonista del romanzo, il felino Asmodeo, famiglio di Agrippa che lo protegge e lo guida nell’universo invisibile e fantastico popolato da demoni, spiriti ed esseri elementali. Un personaggio che ho dovuto immaginare, ma che non si discosta molto dalla passione di Agrippa per gli animali; egli fu un grande amante dei cani e, difatti, il terzo protagonista è Monsieur, il fedele mastino nero da cui mai si separava”.

Il gatto Asmodeo e il mago filosofo Agrippa sono i due protagonisti ma il romanzo si apre a una coralità di personaggi sorprendenti e , possiamo considerare Asmodeo e Agrippa l’uno l’alter ego dell’altro?

Per tutto il romanzo, il confine tra i due protagonisti è estremamente labile. Il loro rapporto è unico; Agrippa ha donato ad Asmodeo il dono della parola. Asmodeo può aprirsi e rivelarsi soltanto ad Agrippa ma, allo stesso tempo, Agrippa può narrare ad Asmodeo segreti della sua vita tenuti nascosti anche ai parenti e agli affetti più stretti. La loro evoluzione, nel romanzo, è estremamente interconnessa proprio per il rapporto magico che li vincola. Non a caso nel Malleus Maleficarum, principale testo utilizzato per la caccia alle streghe e agli stregoni, si legge non solo che questi sono soliti accompagnarsi a gatti, ma che possono anche tramutarsi in felini – come gli sciamani dei tempi passati, ritenuti in grado di tramutarsi in animali. In questa prospettiva, Asmodeo rappresenta l’animale totem di Agrippa – e, d’altro canto, Agrippa è lo sciamano che ha permesso ad Asmodeo di varcare la soglia del mondo invisibile per entrare nel mondo degli umani”.

Hai una bella capacità narrativa di raccontare le vicende sia con gli occhi degli animali, è una tecnica studiata o ti è venuto naturale guardare con quattro occhi?

Fin dal primo romanzo, Diario di un cinico gatto, ho sempre provato una sorta di spontaneità nell’immedesimarmi nel punto di vista del gatto. Collegandomi a quanto ho detto in precedenza, è come se con l’immaginazione fossi in grado di compiere una metamorfosi e vivere ciò che si prova a essere un gatto. Chissà, magari in passato ho attraversato la terra a quattro zampe”.

Una carrozza, tre passeggeri e un cocchiere in viaggio per sfuggire ai debitori, per cercare un nuovo mecenate ma anche per liberare le città dalle entità demoniache?

I grandi protagonisti del romanzo, insieme a Asmodeo, Agrippa, Monsieur e il cocchiere Duval, sono i demoni che solcano le strade dell’Europa. Per dargli vita ho studiato approfonditamente gli scritti di demonologia e goezia del medioevo e del rinascimento, che proprio nel XVI secolo videro la massima diffusione – perfino nei chiostri di chiese e monasteri, oltre che nel mondo universitario e degli studiosi eretici. L’aspetto affascinante di questo mondo oscuro e perturbante  – commenta lo scrittore – è che il demone, nel XVI secolo, viene riconosciuto da un lato come un’entità pericolosa, incarnazione delle paure, delle sofferenze, dei problemi e dei tormenti che affliggono l’anima umana, ma dall’altro lato viene riconosciuto come l’incarnazione di una forza primordiale, depositaria di una saggezza oscura e segreta ma comunque legata alla rivelazione divina – si ricordi, infatti, che nella teologia cristiana il demone non è altro che un angelo caduto che dunque, degli angeli, condivide le medesime conoscenze”.

“Da ciò il fiorire dei grimori magici estremamente ricercati  – continua Palmieri – tra il XVI e il XVII secolo, che oltre a descrivere le gerarchie infernali narravano la funzione e il sapere di ciascun demone, e spiegavano non come “vendergli l’anima”, bensì come controllarlo per carpirne i segreti. Una tradizione che deriva dai racconti apocrifi giudaici legati a Re Salomone, nei quali si legge come il sovrano costruì il Tempio proprio con un anello magico che gli permetteva di controllare i demoni. Da qui il ruolo di Agrippa e Asmodeo nel romanzo. I due protagonisti solcano le strade dell’Europa per liberare le città dalle entità che le infestano – ma in linea con le idee magiche del periodo, Agrippa spera di poter catturare e addomesticare tali entità anche per ampliare le sue conoscenze magiche”.

I libri condannati, portati al rogo, ricercati e nascosti, quanto è grande il potere che esercita un libro?

Il 1500 è un secolo estremamente importante per la storia del libro. Esso è noto soprattutto per i roghi – ma questi, per fortuna, furono un evento marginale, per quanto drammatico. E’ proprio al 1500 che dobbiamo l’idea del libro così come lo conosciamo oggi, grazie all’opera editoriale di uno dei tanti personaggi scaltri e geniali dell’epoca: Aldo Manuzio, editore veneziano che “creò” il formato editoriale moderno, diffondendo la passione per la bibliofilia per tutta l’Europa. A questo revival del libro si lega anche il ruolo magico ad esso attribuito, soprattutto nella sfera delle conoscenze esoteriche. Nell’armamentario del mago, oltre a bacchette, bastoni, spade, pugnali, incensi, un oggetto che non poteva mancare era il cosiddetto Libro del Comando, il manoscritto redatto dal mago stesso contenente le sue formule magiche più potenti, simboli, sigilli, talismani e soprattutto nome e descrizione delle entità invisibili. Questi libri erano estremamente ricercati non solo dai praticanti, ma anche da bibliofili, collezionisti, appassionati ma perfino da gente comune, illetterati in cerca di successo e preti, monaci e frati curiosi. C’è un bellissimo libro di Federico Barbierato, intitolato La Stanza dei circoli, che spiega in maniera molto dettagliata come in Italia vi fossero un fiorente mercato clandestino di questi libri proibiti, anche negli ambienti solitamente considerati ‘ostili’ a queste forme di sapere, come appunto i chiostri dei monasteri. Nessuno poteva resistere al fascino del libro proibito e, per fortuna, erano molto più i lettori dei piromani. Anche per questo, a fronte delle molte conoscenze andate perdute, ve ne sono molte altre invece conservate e giunte fino ai giorni nostri”.

Amosdeo parla ed ha il dono dell’immortalità, è consigliere e amico di Agrippa e non si tira indietro se si tratta di pedinare, inseguire o proteggere qualcuno, possiamo leggere in questo personaggio felino qualche caratteristica alla 007?

Asmodeo può essere visto come un detective dell’occulto, una sorta di John Silence, dottor Taverner o (più noto) Dylan Dog ante litteram. Egli non solo protegge il suo umano, ma lo aiuta a cercare indizi, pedinare demoni e inquisitori, a volte anche a fare il ‘lavoro sporco’– ma sempre per proteggere gli indifesi”.

Belle le tue ricostruzioni delle città e degli ambienti, la dimora di Agrippa a Mets, il bosco, i colori di Anversa. Come procede la tua ricerca storica?

L’intera ricerca storica, ma anche magica ed esoterica, oltre ad aver dato vita alla narrazione storica e fantastica de Il gatto, il mago e l’inquisitore, è confluita parallelamente in un saggio antropologico e filosofico sulla storia e la pratica della magia in occidente, che uscirà a breve per Libraio Editore con il titolo Storia e pratica delle arti magiche”.

Romanzo di amicizia, di amori, di crimini ma anche romanzo di formazione?

Mi piace dare vita a personaggi a tutto tondo e, per farlo, reputo che l’evoluzione dei protagonisti in una storia si fondamentale; e laddove vi è evoluzione, vi è sempre una formazione interiore (sia essa positiva o negativa). Agrippa e Asmodeo si trovano immersi in un mondo ostile, in continuo mutamento, e sono proprio le avversità a formarli e a farli crescere, ma anche a logorarli. La vita nel XVI era tutt’altro che facile; ma era ancora più difficile per gli spiriti liberi che non si facevano piegare dal potere”.

Agrippa e il suo rapporto con i cani è reale perchè gli hai affiancato anche un gatto?

Perché ogni mago che si rispetti è accompagnato da un felino. Mi piace immaginare che Agrippa fu costretto a nascondere il suo amore per i gatti per evitare ulteriori accuse di stregoneria. D’altro canto, il rapporto tra Agrippa e Asmodeo non è un semplice rapporto umano-felino, ma nel libro assurge a metafora del rapporto tra il sapiente e le conoscenze magiche”.

I personaggi femminili fanno parte della vita privata di Agrippa ma hanno anche un grande ruolo per raccontare la caccia alle streghe?

“I personaggi femminili, nel romanzo, hanno un ruolo di primaria importanza, così come lo hanno avuto nella biografia reale di Agrippa. Egli fu uno dei primi difensori delle donne nell’epoca della caccia alle streghe; memorabile la sua orazione Sulla nobiltà e l’eccellenza del sesso femminile, che può essere considerato uno dei primi ‘manifesti femministi’ in cui Agrippa non solo difende le donne dalle accuse stereotipate veicolate dai testi inquisitoriali, ma propone una prima esegesi alternativa dell’Antico Testamento per la quale Eva non è soltanto la costola di Adamo, ma la più alta creatura voluta da Dio a compimento della creazione. Ma, oltre a questi aspetti filosofici e teologici, Agrippa fu uno dei primi pensatori a riconoscere anche il problema politico della questione femminile; proprio al termine dell’orazione constata come la condizione di subordinazione in cui la donna era relegata dipendeva dalla negazione di ogni istruzione, potere decisionale e politico e dalla schiavitù che le costringeva, fin dalla giovane età, a diventare o mogli o monache”.

“D’altro canto, il suo impegno non fu soltanto meramente intellettuale. Come narro nel romanzo, ispirandomi ai fatti realmente accaduti a Metz, egli si adoperò anche concretamente, ‘in prima linea’, nel difendere le donne accusate ingiustamente di stregoneria. Nelle sue lettere dimostra una empatia fuori dal coro nei confronti delle vittime della follia inquisitoriale e con passi davvero appassionati, per quanto tragici, descrive i soprusi subiti dalle vittime degli Inquisitori e le feroci lotte giuridiche che lo videro impegnato nel difendere la vita e l’onore delle presunte streghe. Per approfondire la questione, oltre alle lettere di Agrippa, consiglio di leggere un bellissimo libro di Luisa Muraro, una delle fonti che ho utilizzato per immergermi nel contesto della ‘caccia alle streghe’, ossia La Signora del Gioco, libro che ricostruisce le vicende biografiche di alcune donne accusate di stregoneria e, soprattutto, che fa capire cosa voleva dire doversi difendere da inquisitori che non volevano sentire ragioni oltre alla propria”.

Cristina Marra

 

Cristina Marra: giornalista pubblicista, si occupa di critica letteraria da diversi anni con particolare riferimento alla narrativa giallo-poliziesca. È stata direttore artistico di numerosi festival tra Festival Lipari Noir, Arena Faletti di Ombre Festival, Calabria Noir Festival, Bologna on the road, le strade del noir, Festival del Giallo di Cosenza. È organizzatrice di diverse rassegne letterarie e ha scritto racconti noir presenti in diverse antologie.È Direttore della collana noir Emozioni d'inchiostro noir e Piccoli noir dell'editore Laruffa.