Liolà al teatro Quirino di Roma

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Al Teatro Quirino di Roma è attualmente in scena Liolà secondo Francesco Bellomo: bello, ma difficilmente comprensibile la versione nel dialetto siciliano.

È un gran bel lavoro quello che dallo scorso 4 febbraio occupa il palcoscenico del teatro Quirino Vittorio Gassman, con la regia di Francesco Bellomo un regista che ha deciso di dare una precisa ambientazione al lavoro di Pirandello: quella Scala dei Turchi di una cittadina di mare, Porto Empedocle, degli anni ’40.

Se è vero che lo stesso Pirandello scrisse l’opera in completa lingua siciliana, è anche vero che la attuale rappresentazione romana, tiene appena conto del fatto che già a suo tempo, quando cioè venne rappresentata per la prima volta, l’autore-rendendosi conto che il pubblico poco apprezzava quel modo di esprimersi in scena-nella successiva stesura del suo lavoro, inserì nel testo una traduzione completa in italiano del testo.

La commedia, dal carattere apparentemente di genere triste, perché scaturita dalla mente di un Pirandello che stava vivendo un particolare momento di depressione è, in effetti, malgrado tutto, un lavoro che ispira simpatia ed anche una delicata forma di allegria ( Pirandello, al riguardo, dichiarò che il suo lavoro era “..così giocondo da non sembrare opera mia”).

Tristezza, desiderio di elevazione sociale, intrighi e vendette dominano la intera rappresentazione, ad eccezione del personaggio di Liolà, un immorale dongiovanni domina la scena, rendendola vivace, e, sebbene il linguaggio recitativo frapponga qualche ostacolo ad una dettagliata comprensione della vicenda, è facile dedurne lo svolgimento che vede un personaggio particolare quale è quello di zio Simone, un impotente che non volendo far emergere questo suo difetto, è alla ricerca di un erede che la sua giovane moglie, ovviamente, non può dargli.

Liolà si inserisce nel gioco delle parti corteggiando apertamente tutte le donne del borgo in maniera simpaticamente invadente, spesse volte ricambiato, in una parte che genera a volte anche il riso, un riso che, però, non suscita mai allegria in quanto pervaso di una forma di “cattiveria” latente che incombe per tutte le due ore dello spettacolo.

Liolà è, in fondo, un personaggio spensierato e vagabondo, sempre in sintonia con il mondo e con la natura in cui è ambientato uno spettacolo, che pur non potendosi catalogare come una commedia musicale, per la vocazione alla poesia e al canto di Liolà, si caratterizza per una serie di belle canzoni inserite nel corso della intera, semplice ma tuttavia complessa, vicenda.

Assolutamente da premio la partecipazione di Enrico Guarnieri nei panni dello zio Simone ed altrettanto lodevole quella di Giulio Corso ( Liolà ) ma neppure da trascurare le numerose attrici che costituiscono la platea di “femmenuzze di paese  a disposizione…” di quest’ultimo; tra di loro vanno ricordate Roberta Giarrusso nei panni di zia Tuzza, Anna Malvica ( zia Croce ) e Alessandra Ferrara, Margherita Patti, Alessandra Falci, Sara Baccarini, Nadia Peciaboschi.

Una bella commedia, se non fosse per il problema della espressione pressoché in totale dialetto siciliano, che, pur rendendo la recitazione assolutamente aderente alle intenzioni dell’autore, rendeun tantino scomodo seguire la pur semplice e corrente trama, che descrive una società allora come oggi pregna di cattive e sottese intenzioni.

Andrea Gentili

 

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