Elvira, ovvero la passione teatrale

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In scena fino al 2 giugno, al Teatro Argentina di Roma, lo spettacolo Elvira, di Brigitte Jaques, che vede un magistrale Toni Servillo, dirigere una altrettanto magistrale attrice, Petra Valentini. Lo spettacolo, nella stagione 1986-87, fu interpretato da Giulia Lazzarini e vedeva come regista Giorgio Strehler.

Nella stagione 1986-87, al Piccolo Teatro di Milano, in occasione del suo quarantesimo compleanno, Giorgio Strehler presentava Elvira o la passione teatrale, un’indagine sulla moralità del gesto teatrale, un atto d’amore per uno dei nostri maestri. Quel maestro di cui parlava il grande regista milanese era Louis Jouvet, uno degli allievi di Jacques Copeau, destinato a diventare a sua volta una delle figure più importanti della recitazione nel Novecento europeo. Il testo, dalle trascrizioni di Brigitte Jaques, delle Sette lezioni di Louis Jouvet a Claudia sulla seconda scena di Elvira nel “Don Giovanni” di Molière, era allora interpretato da Strehler nello stesso ruolo del regista e da Giulia Lazzarini in quello di Claudia. Dopo la visione di quel primo esperimento, assistere ad una ripresa dello stesso testo trent’anni dopo fa cambiare di segno l’intera operazione.

Ora è Toni Servillo a occuparsene, al fianco di Petra Valentini (con lei gli attori Francesco Marino e Davide Cirri), in scena sul palco del Teatro Argentina di Roma fino al 2 giugno, che ospita solo una pedana e un tavolo di regia. Le luci tenue e l’uso disinvolto delle prime file della platea da parte degli attori suggerisce l’ambientazione in un teatro vuoto, dove il maestro sta preparando l’allieva alle prove del terzo anno di recitazione.

In questo Elvira, l’attore preferito da Paolo Sorrentino fa la parte di un regista, per l’appunto, di un regista teatrale (Louis Jouvet) che, dalle prime file, osserva le prove di un pezzo del Don Giovanni di Molière, interrompendole continuamente. Le osserva con il pubblico per un’ora e mazza circa: implacabile, corregge il tiro al modo di stare in scena della giovane attrice, mai contento di come lei, Claudia (una magistrale Petra Valentini), si ponga davanti al testo, insoddisfatto di come Elvira non riesca a far percepire la potenza di questo monologo.

Talvolta sale anche lui sul palcoscenico e interpreta la parte della ragazza per meglio farle intendere come l’attore debba vivere ciò che dice in scena. Di come non si debba mai essere soddisfatti del modo in cui si è recitato fino ad ora. Di come gli attori debbono percepire che quando si misurano con un testo si confrontano con un materiale poetico, che essi stessi devono diventare poesia vivente per tendere ad una incandescenza della resa interpretativa che confina con una sorta di immaterialità e che è esattamente la stessa a cui tende una partitura musicale.

Elvira è un magistrale saggio sull’attore che cattura tutto il pubblico, tenendolo appeso alle proprie labbra. Qui Toni Servillo è nello stesso tempo regista, attore che recita la parte del regista e attore che interpreta la parte di chi non ha ancora capito il segreto della presenza scenica.

E il pubblico, insieme all’attrice, con un senso di assoluta incapacità ad eguagliare le vette interpretative di un simile esempio, tenta di riprodurre la maestria che lui ha nel recitare, quasi come se non ci fosse un pensiero preciso, quasi fosse naturale il suo modo di pronunciare il testo, senza rendersi conto che la verosimiglianza è frutto di un profondo scavo interiore. Non si deve recitare senza questa riflessione di fondo, altrimenti si cade nel teatro declamato che tanto appare stereotipato e non comunicativo. La potenza del teatro è questa astrazione dissimulata con cui Servillo e i suoi attori ogni volta si ripropongono in scena, facendo uscire il pubblico con la voglia di ritornare a teatro. Una prova magistrale e unica per questo cast di attori che merita di essere visto e magari, rivisto.

Giancarlo Leone 

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