Al Teatro Eliseo di Roma, fino al 18 aprile, è in scena Novecento di Alessandro Baricco, che vede come protagonista un eccellente Eugenio Allegri, per la regia di Gabriele Vacis.
La pièce ebbe immediato successo in teatro, nel 1994, con lo stesso Allegri e una deludente trasposizione cinematografica in versione kolossal firmata da Giuseppe Tornatore. Con la sua scrittura ruffiana, in un abile mix di toni epico-mitici e umorismo da spaghetti western, Baricco racconta la storia di Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento, magico pianista che nasce, vive e muore a bordo di una nave da crociera, il Virginian, negli anni ruggenti della nascita del jazz.
Eugenio Allegri dà voce e volto, con sostanziali cambi di intonazione, espressione e gestualità ai personaggi di questo cult del teatro, facendo percepire l’atmosfera a bordo del transatlantico Virginian, tra duelli al pianoforte, amicizie e storie di musicisti ed emigranti verso l’America, meta tanto ambita di chi non trovava lavoro nelle terre natie.
Lo spettacolo esalta l’immaginazione e la capacità d’osservazione del pianista Danny Boodmann T.D. Lemon Novecento: abbandonato da neonato sulla nave, non è mai sceso e capiva la gente, disegnandosi nella testa, attraverso i racconti dei passeggeri, la mappa del mondo. Novecento è veramente un genio e trova la sua dimensione solo sui tasti bianchi e neri del pianoforte sui quali può esprimersi, bloccandosi su quella maledetta scaletta di fronte alle sconfinate possibilità della vita.
Il modo di recitare di Allegri, sottolineato da una perfetta colonna sonora, ha il ritmo del jazz, è battito cardiaco che accelera, rallenta ed emoziona senza fine. La voce dell’interprete danza con la musica e la sua gestualità gioca con pochi elementi scenici; il tutto crea quel mondo alla deriva tra le due guerre del secolo scorso, con la sua atmosfera, le luci, i colori, i suoni. La versione di Allegri incanta per l’originalità delle tonalità vocali dell’interprete, dove ogni parola acquista di profondità e le immagini così create vivono di stupore.
La scena, abbastanza sobria, è semplicemente valorizzata dai giochi di luce, dalla scenografia fluttuante come le onde dell’oceano con un piccolo pianoforte appeso ad un filo. Il punto forte dello spettacolo è l’essenzialità: la scena non ha bisogno di arricchirsi eccessivamente, tanto che basta, per l’appunto, un telo sullo sfondo, un piccolo pianoforte sospeso nell’aria, appeso a un cavo, una valigia.
Eugenio Allegri prende pochi elementi per raccontare un’incredibile storia e così il telo diventa un oceano ora calmo e ora in tempesta, il pianoforte può davvero danzare e la valigia è una fedele compagna di viaggio che segna i momenti in cui la vita arriva ad una svolta.
Da brividi la commovente parte finale che lascia male lo spettatore ed una voglia di spronare il protagonista a cambiare atteggiamento, perché il talento non si limiti al sogno, ma diventi opportunità.
Prima che la nave, piena di dinamite, esploda, Novecento spiega il sistema per salvarsi che ha messo in atto durante la sua vita incantando i desideri senza realizzarli, guardando gli altri e suonando per loro: “Io, che non ero stato capace di scendere da questa nave, sono sceso dalla mia vita. I desideri stavano strappandomi l’anima. Potevo viverli, ma non ci son riuscito. Allora li ho incantati. E a uno a uno li ho lasciati dietro di me”.
Novecento, uno spettacolo che diverte ed emoziona. Allegri è supportato da una strepitosa colonna sonora di jazz Anni ‘20 e ‘30, con pezzi d’epoca, come quelli di Jelly Roll Morton, che è anche uno dei personaggi che salgono sulla nave per una sfida musicale con Novecento. Senz’altro imperdibile. Come i passeggeri del Virginian, vivere questo monologo da spettatori lascia ammaliati.
Giancarlo Leone