“La Governante “, ovvero la calunnia al femminile al Quirino

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Vitaliano Brancati scrisse questo interessantissimo lavoro nel 1952 che, per l’argomento, allora scottante, venne poi messo in scena a Parigi soltanto nel 1963 ed in Italia, a censura abolita, nel 1965 con una grande protagonista dell’epoca, Anna Proclemer, la moglie di Vitaliano, per l’allora esordiente regista Giuseppe Patroni Griffi.

Come è ormai noto, il tema “nascosto” della commedia, è l’omosessualità e si svolge a Roma: ha per protagonista un siciliano immigrato nella Capitale e la sua famiglia, una famiglia di benestanti “viziati”, chi per eccessivo benessere chi per pregiudizi politici, il tutto non esente da “corna“ ( come le definisce, in perfetto stile siciliano, Leopoldo Platania, il capofamiglia ).

 

Platania, il cui ruolo fu nel 1965 interpretato dall’indimenticabile Gianrico Tedeschi, è ora identificato nei panni di una eccezionalmente bravo Enrico Guarnieri, che di Sicilia se ne intende e perciò è perfettamente in grado di descrivere le sottigliezze insite nel personaggio, con i suoi eccessi caratteriali con le sue ombrosità ed anche con i suoi buoni principi esposti ad ogni mossa.

 

Il tema dell’omosessualità, delicatamente trattato e mai palesemente citato nel corso dello svolgimento di questo bellissimo lavoro, che si dipana per la regia sapiente di Guglielmo Ferro, trova qui un motivo di riflessione e di maturità, specialmente se collocato, diversamente da quando la commedia fu scritta, negli anni attuali; i personaggi vengono tutti abilmente descritti nei loro caratteri strambi e/o contraddittori, in particolar modo viene analizzato il carattere di quella che è la protagonista non dichiarata della storia, la Governante, alla quale da il volto e l’interpretazione una interessante ma un tantino “legnosaOrnella Muti che conferisce al personaggio una autorità tale da interessare lo spettatore, ben oltre il normale limite dell’osservazione pura e semplice.

Un contorno  ben assortito di personaggi fa da corona ad uno spettacolo che per le sue caratteristiche ci appare molto interessante, molto ben gestito, molto ben interpretato, a tutti i livelli partendo dalla povera ed innocente Iana, la cameriera che sarà ingiustamente licenziata (interpretata da una eccellente Nadia De Luca), passando per la procace e scontenta Elena ( la nuora di Platania ) alla quale da anima ( e corpo! ) una eccellente Caterina Milicchio, per arrivare ad una esordiente Naike Rivelli che interpreta la parte della cameriera Francesca la quale subentra in famiglia dopo il licenziamento della incolpevole e semplice, spontanea Iana.

Personaggi a latere, ma non per questo non altrettanto validi, sono da identificarsi in Enrico, figlio di viziato di Platania, un impenitente donnaiolo (Rosario Marco Amato, bravo ed adatto nella parte) e nello scrittore Bonivaglia (Rosario Minardi) che “attenta“ alle grazie della nuora di Platania.

Tutti gli attori in scena contribuiscono a formare un quadro ben dipinto, che descrive esattamente l’ambiente sociale e politico della metà degli anni ’50 e del carattere isolano in particolare, carattere che viene descritto con pennellate di colore in grado di evidenziare quella che l’autore stesso illustra come vera e propria “sicilianità”, con tutti i pregi ed i difetti di un Platania che rappresenta esattamente lo specchio dell’uomo siculo.

Tragico, ma giusto, il finale.

Andrea Gentili

 

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