Al Casino dei Principi di Villa Torlonia a Roma è in corso l’antologica di Alberto Bardi artista novecentesco con la sua ricerca che occupa i due piani della struttura. La mostra fa conoscere le varie fasi della sua arte. E’ curata da Claudia Terenzi con catalogo Editrice 900. Resterà aperta fino al 31 marzo 2019.
Il titolo dell’esposizione antologica che ha continuato tutta la vita a sperimentare, in effetti è stato preso in prestito, come scritto dalla Curatrice, dalla matematica pura per significare con Discreto la sua necessità di esprimersi liberamente senza vincoli e costrizioni di sorta e Continuo per la ricerca metodica che lo ha portato a sperimentare tecniche differenti complesse e movimentate con un cammino che attraverso il movimento di linee rette, curve e geometriche con il colore, riesce a ritrovare orizzonti di luce e libertà.
Alberto Bardi ha quest’antologica in occasione dei cent’anni della nascita con 70 opere le più rappresentative del suo percorso artistico. La sua vita fin dagli inizi è stata unita tra arte e politica. Infatti dopo il fronte russo nel 1943 si è unito alle brigate partigiane di sinistra con il nome di Falco mettendo in secondo piano il suo amore per la pittura. Finito il conflitto ha continuato a unire politica e arte avvicinandosi però alla sua grande passione fino ad arrivare a collaborare con l’accademia delle Belle Arti di Ravenna divenendone insegnante.
Trasferitosi stabilmente a Roma nel 1961 continuò a fare politica nella Casa delle Culture, passando da un periodo figurativo di una figurazione che nulla aveva a che vedere con il realismo, ma era un insieme di destrutturazioni con influssi cubisti, per arrivare all’astrattismo. La figurazione si scompone divenendo di tipo strutturalista con una pittura astratta-geometrica. I suoi amici al tempo erano Gastone Novelli, Giulio Turcato e Achille Perilli.
Alla fine anni ’60 la pittura giunge a uno strutturalismo astratto, essenziale e vigoroso, poiché Bardi considerava che la sua evoluzione artistica dovesse avere delle fasi transitorie. E’ il momento delle testure che comprendono una certa gestualità più analizzata. La necessità di far unire una certa manualità con un preciso intento progettuale, si può notare alla metà degli anni ’70 con le textures, un momento della ricerca astratta dove però c’è un ritorno alle composizioni che lasciano in vista il tratto delle pennellate, creando moduli circolari.
Continuando la sua ricerca e non dimenticando la politica, divenuto direttore della Casa delle Culture negli ultimi quattro anni della sua vita Bardi ha ritrovato la libertà espressiva con la scelta del colore combinando tutte le esperienze passate con passione e rigore, come dimostrato dalla grande tela Il mandarino meraviglioso del 1984. Sono presenti per la prima volta in mostra dipinti su carta di giornale dove con pennellate espressive è unito colore e creatività. Una mostra che ricorda un grande pittore astratto nelle sue varie fasi di sperimentazione.
Emilia Dodi