Daniele Pecci alla ricerca dell’identità

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Ultimamente l’abbiamo visto cimentarsi in ruoli impegnativi come Amleto, Enrico V, Edipo Re. Ora alla prova lo attende un altro ruolo non meno importante dei precedenti. Stiamo parlando di Daniele Pecci che, è andato in scena al Teatro Quirino come protagonista di Il fu Mattia Pascal, per la regia di Guglielmo Ferro. Visum l’ha incontrato.

Ne Il fu Mattia Pascal, Pirandello affronta il tema dell’identità. Quanto è importante oggi?

Molto importante. Le identità, in realtà, sono di due tipi: quella propria che uno crede di avere e quella con cui ci identifica la società. Quest’ultima ci ossessiona ancora di più. Il problema dell’identità ne Il fu Mattia Pascal raggiunge il parossismo. Mattia ormai – spiega  Pecci – è un uomo che non è più niente ed è morto socialmente per gli altri e per sé stesso. Oggi come allora l’identità è basilare. Già ai primi del ‘900 Pirandello aveva intuito tutto ciò. Per la società siamo tutti schedati. Figuriamoci ora: oggi facciamo uso di password per usare i nostri pc e se smarriamo il cellulare con il pin siamo persi, isolati”.

Con quale spirito ha interpretato il personaggio di Mattia Pascal?

Con spirito d’avventura. Ho lavorato alla stesura del testo e anche all’interpretazione. Fare Il fu Mattia Pascal – commenta l’attore – è una grande sfida. Mi piace confrontarmi con un grande archetipo della letteratura italiana perché sono attratto da questi tipi di testi.

Ha iniziato la sua carriera con il teatro, poi cinema e tv. Pensa che oggi le fiction siano cambiate dai suoi tempi?

Rispetto al passato sono molto migliorate dal punto di vista tecnico, visivo, fotografico, registico. Purtroppo sono peggiorate – sottolinea – dal punto di vista qualitativo. Nel passato si rifacevano a grandi romanzi, erano opere divulgative di cultura. Oggi strizzano di più l’occhio all’intrattenimento, ovviamente con qualche eccezione. Per me lavorare in tv è stato utilissimo perché quello stesso pubblico che mi ha visto sul piccolo schermo, oggi mi segue in teatro”.

 

Quale personaggio, fra quelli interpretati, le ha dato più soddisfazione?

Difficile dirlo, sono come dei figli. I miei personaggi negli ultimi anni sono stati motivo di grande soddisfazione, perché sono riuscito a farli con grande caparbietà ed impegno. Se proprio devo ricordarne uno con affetto, Edipo Re. Ma mi appartengono tutti”.

 

Tre caratteristiche che fanno un vero attore?

La passionalità, la tenacia ed essere sveglio, perché chi dorme non piglia pesci”.

 

Impegni futuri?

Sempre incentrati sul teatro e sul mio repertorio preferito, quello shakespeariano. Ho tante cose in mente, ma parlarne adesso è prematuro, ma non per scaramanzia, proprio perché ancora devo decidere. Ecco, mi piacerebbe fare cinema. In quasi 30 anni di carriera ne ho fatto pochissimo”.

Giancarlo Leone

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