Il mio Godard al cinema

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L’abbiamo molto amato, appena usciva un suo film andavamo di corsa a vederlo con il batticuore. La sua era una maniera diversa di raccontare i sentimenti, di renderti partecipe di storie coinvolgenti al punto di toglierti il fiato…Ma poi, la musica è cambiata e la politica lo ha investito con la forza di un treno pallottola giapponese, e lui ha cambiato pagina, in un modo per noi non sempre apprezzabile…stiamo parlando di Jean Luc Godard, che adesso il regista premio oscar Michel Hazanavicius ci ripropone con il suo ultimo lavoro, Il mio Godard che vede sullo schermo Louis Garrel, Stacy Martin, Bernice Bejo, Micha Lesct e Gregory Gadebois

Di passaggio a Roma Hazanavicious e Garrel prima di andare ad inaugurare France Odeon a Firenze sono venuti, per raccontare e raccontarsi per il lancio romano de Il mio Godard, alla Casa del Cinema di Roma.

Inizia Hazanavicious che spiega di aver cercato ‘un equilibrio gioioso e non la caricatura in equilibrio tra positivo e negativo, l’omaggio e la critica, il tutto con ironia’.

La sua fonte d’ispirazione attorno a Godot?

Non certo i sui film ma i grandi italiani come Monicelli, Rosi e Scola, oltre agli americani Ernst Lubitsch e Billy Wilde, che raccontano senza giudicare. L’idea era di passeggiare nell’universo godardiano, senza mai sentirsi prigionieri”.

Lei è nato nel marzo del 1967, come se l’è cavata con il ’68?Cercando di rappresentare il maggio ‘68, non in chiave di commedia, ma sottolineandone l’energia, il vigore ed il lato vivo e sessuale. Credo che l’aspetto comico emerga dal ritardo di Godard stesso rispetto a quel movimento”.

Louis Garrel ha tutto un altro approccio con Godard, visto che il colto e l’inclita conoscono bene la sua ammirazione per Godard… “Infatti – esordisce con un sorriso Garrelaccettare questo ruolo era tutt’altro che scontato. Per qualsiasi attore la prospettiva di interpretarlo suscita un grande timore, e, nel mio caso, si tratta di un autore che ha svolto e continua a svolgere un ruolo centrale nel mio lavoro”.

Tratto dal romanzo della sua ex moglie, Un an après di Anna Wiazemsky, 50 anni dopo la fine della storia d’amore con Godard, il film racconta un anno nella vita del regista svizzero, che con La cinese si giocò gli spettatori di Fino all’ultimo respiro.

Film, interpretato appunto da sua moglie che non piacque neppure ai cinesi, che lo giudicarono “il film di un reazionario imbecille”.

Si arrivò anche, unico caso nella storia del Festival di Cannes, a far chiudere, l’edizione del ‘68 con cinque giorni di anticipo.

Garrel, è la terza volta che si cimenta con il ’68…

Infatti, con The Dreamers di Bertolucci nel 2003 la prospettiva è fantasmatica, quella di mio padre, nel 2005 in Les amants réguliers è poetica. Non avevo vogli di ripetermi. Adesso, il punto di vista di Michel è ancora diverso, utilizza codici del dramma burlesco o della commedia all’Italiana adottando uno sguardo critico, e, allo stesso tempo pieno di tenerezza. Del resto Godard stesso risponde ad una domanda sul maggio 68 e il cinema, dicendo che è un soggetto per Jerry Lewis”.

Lavoro decisamente interessante che vi farà discutere, dal 31 ottobre nei cinema.

Mariangiola Castrovilli

 

 

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