Macbeth: un dramma in una realtà tra sogno e fiaba

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Al Silvano Toti Globe Theatre, nella splendida cornice di Villa Borghese a Roma, fino al 1 ottobre, è in scena Macbeth, una delle tragedie più famose scritte dal drammaturgo inglese William Shakespeare nel 1605. Questa versione, tradotta, adattata e diretta da Daniele Salvo, conduce lo spettatore nei cupi territori di Scozia per conoscere da vicino la grande voglia di potere dei protagonisti principali e le cruenti vicende da essa scatenate.

Sangue, metallo, fango: questi sono gli elementi materiali che mettono in evidenza il Macbeth del regista Daniele Salvo. Ispiratrice delle ambigue scene, portate sul palco in un’ambientazione in stile Lynch è la notte: il buio, diventando anch’esso personaggio, calato su tutti, condiziona, confonde distrae e s’impossessa anche degli altri protagonisti. Come un’ombra che percorre attraverso le labirintiche vie della vita così nel tetro contorcersi dell’animo umano si palesa la realtà instabile che si dipana tra ciò che appare e ciò che è, tra quel che sembra e quello che in poi sarà.

La tragedia inizia con l’apparizione delle Sorelle Fatali, una scelta molto shakespeariana che, nel presentarle subito, ha il compito di mostrare l’importanza del ruolo che esse rivestono nello svolgimento della tragedia. La loro apparizione si palesa con la rima incessante del loro balletto infernale con il quale introducono il pubblico in un mondo considerato molto ambiguo, un mondo dove le cose ed i personaggi sono così indistinti che è impossibile capire cosa è positivo e cosa non lo è.

Questo Macbeth appare come un visionario, un dinamico, sprofondato in atmosfere notturne, avvolto da incubi, apparizioni e tanto esoterismo. In questa messinscena gioca molto la musica originale di Marco Podda, che fa uno studio approfondito sugli effetti che il suono provoca nel cervello umano. Musica che ha lo scopo di portare, avvolgere lo spettatore in un’altra dimensione, diventando parte integrante degli stati emotivi degli attori, tra incubi e allucinazioni.

Il regista Daniele Salvo ha dato molta importanza all’elemento esoterico della tragedia shakespeariana, rappresentato dalle tre sorelle streghe, interpretate da Silvia Pietta, Giulia Galiani e Francesca Mària, forze trainanti dei drammatici accadimenti. Proprio loro sono il filo conduttore di tutta la trama perché si riflettono negli specchi, dormono vicino al protagonista, sono nude nella sua vasca da bagno. La fragilità, il rimorso, la fame, il languore, la trance, l’ansia e la paura sono tutti elementi che perseguitano la personalità non eccessivamente forte del protagonista e non lo lasciano mai per tutta la pièce.

La realtà stessa dei personaggi del dramma è perennemente scossa da riflessi, bagliori improvvisi, miraggi ed ombre. In fondo il tema della stregoneria era molto sentita nell’Inghilterra del 1600 e, indubbiamente, William Shakespeare era a conoscenza del trattato sull’argomento, risalente al 1597, ed intitolato Daemonologie.

Validissima la recitazione dell’attore Giacinto Palmarini nel ruolo di Macbeth, così come quella di Lady Macbeth, interpretata dall’ottima Melania Giglio. Quest’ultima è la vera anima nera dello spettacolo, una mantide religiosa che nel secondo tempo va verso una totale e completa fragilità, che la renderà innocua, fino a farla soccombere.

Rappresenta perfettamente il lato scuro di Macbeth, suo alter ego ad hoc che attraverso la ritmata vocalità e gli aspri toni, rende perfettamente tutte le caratteristiche del ruolo, scuro, manipolatore e demoniaco. Nella Lady Macbeth del regista ci sono tutte le caratteristiche di Shakespeare: la volontà di potere e di predominio che divora ogni cosa, l’ambiguità, la determinazione, la passione ed i sentimenti estremi che condurranno alla follia e alla morte.

Lo spettacolo, ricco di intriganti e spettacolari effetti scenici, risalta la potenza di questa tragedia che prende corpo tra insidie, paure, desideri, rimorsi che distruggono l’animo umano fino a ridurlo ad un involucro vuoto in una notte buia. Uno spettacolo indubbiamente imperdibile.

Giancarlo Leone       

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