Meir Shalev “Il mio giardino selvatico” edito da Bompiani

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Meir Shalev inizia il racconto de “Il mio giardino selvatico” edito da Bompiani, tradotto da Elena Loewenthal dalla sua casa in mezzo al giardino selvatico, primitivo e antico, e narra impressioni, sensazioni e riflessioni sul suo appezzamento di terreno stracolmo di piante e alberi. Comprendere e ascoltare il suo giardino, diventa anche saperlo leggere e ricordare o abbinare momenti a opere di scrittori e artisti come Jean Giono, Kenneth Grahane, Handel, Gutman o alle poesie del padre.

I giardini parlano, sussurrano storie, svelano segreti e custodiscono misteri che hanno radici profonde e antiche, il segreto è saperli ascoltare, volerli osservare con gli occhi della curiosità e dello stupore, saperne percepire i profumi più nascosti per regalarsi momenti di felicità ma anche di riflessione che riportano alla storia dell’uomo, alle sue conquiste e alle sue sconfitte e anche al suo legame con la natura e la madre terra.

 

Del suo giardino selvatico nella valle di Jezreel in Israele si occupa personalmente Meir Shalev e lo racconta in un libro scritto con le palpitazioni di un cuore innamorato e le mani di chi se ne prende cura quotidianamente e gioisce per ogni fioritura o piange per la fine di un albero o una pianta. L’Autrice inizia il racconto dalla sua casa in mezzo al giardino selvatico, primitivo e antico, e narra impressioni, sensazioni e riflessioni sul suo appezzamento di terreno stracolmo di piante e alberi.

 

Nel giardino la fanno da padroni il ciclamino e la scilla marittima, ma anche lillà, rose, l’albero dei rosari, querce, mirti locali e ancora insetti, rettili, un piccolo grande microcosmo in movimento e in evoluzione che Meir Shalev, editorialista di un noto quotidiano israeliano e vincitore di prestigiosi premi letterari, apre ai lettori raccontandolo come fosse un diario intenso come sanno essere i profumi di fiori e frutti, erbe aromatiche o arbusti.

 

Piante, alberi e animali che abitano il giardino in Terra Santa diventano personaggi come la lucertola di vetro, la raganella, la lucciola, sempre più rare da incontrare o le api operaie, le formiche instancabili, gli istrici i ragni o i ricci. Il giardino diventa fonte inesauribile di ricordi, aneddoti, spiegazioni di botanica o zoologia. “Un giardino spontaneo regala al suo proprietario non solo cose interessanti, conoscenze, piacere e soddisfazione, ma anche momenti di autentica felicità” e Shalev si lascia andare ai ricordi e il suo giardino diventa un palcoscenico in cui recitano una parte anche gli utensili e gli arnesi del giardiniere come la carriola che si porta come una bicicletta e si riempie di parti del giardino “terra, sassi, legna da ardere, secchi di concime, erba matta estirpata” e che conserva un grande fascino perché non è stata modificata negli anni ma solo leggermente perfezionata.

Sul palcoscenico letterario di Shalev si esibiscono e sfilano fiori e piante tipiche della Terra Santa ma il protagonista è il papavero, scelto anche per la copertina ( i disegni di copertina e delle immagini sono di Rafaella Shir, sorella di Shalev) perché è il fiore preferito dall’autore per il suo essere “simbolo di giovani eroi che hanno dato il loro sangue da quelli della mitologia greca fino alle vittime di guerra della nostra era”.

Un giardino è anche musica e canto come quello prodotto dalle api che Shalev ascolta sotto la quercia ma è anche luogo di incontri improvvisi e teneri come quelli con tartarughe e pettirossi, ma in un giardino possono esserci anche tragiche fini e si custodiscono tombe, ciclicamente si susseguono morti di alberi, di piante decidue, ma sotto il ramo, vicino al giglio e alla verbena riposa anche “l’indiscusso dominatore del giardino” quando era in vita, il gatto Kramer. Se le sue zampette perlustravano in lungo e largo, di notte e di giorno il suo regno, adesso sono i piedi nudi di Shalev a continuare a calpestarlo contento e soddisfatto delle “informazioni che la pianta del piede capta dalla terra”.

Comprendere e ascoltare il suo giardino diventa anche saperlo leggere e ricordare o abbinare momenti a opere di scrittori e artisti come Jean Giono, Kenneth Grahane, Handel, Gutman o alle poesie del padre. Il libro è un canto d’amore e non a caso inizia e si conclude con la celebrazione di un albero di limone custode dell’intero giardino e della sua storia e simbolo del futuro.

Cristina Marra

 

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giornalista pubblicista, si occupa di critica letteraria da diversi anni con particolare riferimento alla narrativa giallo-poliziesca. È stata direttore artistico di numerosi festival tra Festival Lipari Noir, Arena Faletti di Ombre Festival, Calabria Noir Festival, Bologna on the road, le strade del noir, Festival del Giallo di Cosenza. È organizzatrice di diverse rassegne letterarie e ha scritto racconti noir presenti in diverse antologie.È Direttore della collana noir Emozioni d'inchiostro noir e Piccoli noir dell'editore Laruffa.

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