Un Natale In Piazza speciale per Marcello Amici

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Marcello Amici, attore e regista, quest’anno raddoppia. Dopo il successo della scorsa estate per la XXIII edizione di Pirandelliana, La bottega delle maschere questa volta tornerà in scena, solo dal 18 al 21 dicembre all’aperto, sotto il Portico della Basilica dei Santi Bonifacio e Alessio all’Aventino con il capolavoro di Henri Ghéon, Natale in piazza. Visum l’ha incontrato.

Marcello, come è nata l’idea di mettere in scena all’aperto Natale in piazza?

E’ un nuovo progetto che mi è venuto in mente mesi fa, dopo la fine della XXII edizione di Pirandelliana. ‘Il teatro è nato in chiesa, io vorrei ricondurvelo’, disse così Eleonora Duse. E’, anche, una mia idea. Per dimostrarlo avevo bisogno di un teatro religioso privo di retorica. Henri Ghéon- spiega a Visum – con la sua mano leggera e il suo umorismo garbato, ha sempre cercato il suo pubblico nelle piazze, da noi a San Miniato, mi ha mostrato il suo Natale in piazza, come un canovaccio dove i miei attori hanno costruito una recita a soggetto, una rarità, come avveniva nella commedia dell’arte”.

“Il racconto di Natale conclude con le parole del teatro, come usava una volta: ‘questa non è che una storia che noi abbiamo ricamato, in una sera fredda, per intrattenere i nostri graditi ospiti. Se essa ha potuto farvi pazientare sino al momento di entrare nella realtà viva della Nascita del Signore, il teatro ha risposto al suo scopo’. E’ il teatro che La bottega delle maschere mette in scena prima dell’inverno per significare il Natale 2019, per ricordare noi che fummo bambini, quando prima facevamo il gioco, poi ci credevamo e poi lo vivevamo come vero. La messinscena ascende le colline di cartone del presepio, da lì gli attori guardano le contrade della terra illuminate nella notte da strane comete. Tra le colline tutto diventa di favola, il quotidiano si riproduce per prendere vita, per essere recitato e interpretato. E’ bello, almeno nei giorni vicini alla neve- commenta Amici – pensare al teatro come un luogo dove si possa guardare la vita da una distanza giusta, da un posto protetto, tutto nostro, dove è possibile una riflessione senza angosce, magari mentre la neve fiocca. Lo spettacolo tutte e quattro le sere inizierà alle 23 e durerà 50 minuti”.

Qual è la trama di questo spettacolo?

Una famiglia di zingari trova rifugio sotto il portico della Basilica. Nel frattempo arriva la gente del villaggio che vorrebbe un’esibizione da parte loro. Ma quella è anche la notte di vigilia del Natale, bisogna andare a messa. Ecco allora che viene accesa una lanterna e uno degli zingari più vecchi apre un libro antico. Gli altri si ritirano dietro il carro, e si truccano a vista. Così inizia lo spettacolo e nasce un teatro nel teatro sacro, un metateatro sacro. Tutte le persone-attori fanno diventare i loro abiti dei veri costumi e tutto diventa una disputa dentro un dipinto fiammingo. Poi l’arrivo dell’Angelo, di Maria, di Elisabetta e i passi antichi della Notte Santa, nonché di Maria e Giuseppe che sono a Betlemme, in cerco di un alloggio, per il censimento di Augusto. In sottofondo un violino, la voce della Callas e un flauto di Pan per l’Ave Maria di Schubert”.

Il pubblico come risponderà a questa iniziativa?

Certo, è inverno, essere ‘pellegrini’, andare a teatro alle 23 vestiti pesanti, assistere alla messinscena in piedi sotto un portico, riparati solo dalla pioggia, è una esperienza nuova, antica e difficile. Io ho pensato a quando andavo alla messa di mezzanotte con i miei. Mi nascondevo sotto il mantellone nero di mio padre che mi teneva per mano. Sentivo solo lo scricchiolare della neve sotto i miei piedi. Immaginavo le persone che incontravamo, la neve che pendeva dai balconi, le luci della piazza. Il tepore dei miei ricordi del Natale è sotto quel mantellone. E’ la mia memoria. E’ Natale. Ho pensato di regalare alla gente di Roma un antico entusiasmo, come quello delle nostre donne romane, delle ‘monticiane’, che nella notte vanno in pellegrinaggio verso la Madonna del Divino Amore. Sarà un gioco teatrale e una sacra rappresentazione insieme che per la sua semplicità e religiosa atmosfera saprà emozionare la gente di Roma”.

Giancarlo Leone

 

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