La ragazza nella valigia e altri Corti

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Al Teatro Petrolini di Roma, solo fino al 14 aprile, è in scena un insolito spettacolo scritto e diretto da Salvatore Scirè, La ragazza nella valigia – sottotitolo …quando l’amore diventa follia! – che si discosta dal genere comico-brillante dell’autore che, questa volta, aveva voglia di esplorare nuove dimensioni emozionali, drammatiche, riuscendoci perfettamente. 

Ed è così che Scirè ha deciso di affrontare tematiche crude, violente, magari ispirate da qualche recente fatto di cronaca, da personaggi storici, da figure mitiche presenti nell’immaginario collettivo. Ciò che colpisce nei corti, che appassionano ed emozionano gli spettatori, è che l’amore è sempre presente nel bene e nel male. Ma vediamo, ora, nello specifico come si articola questo spettacolo formato da corti.

 

Il primo è intitolato L’ultima sinfonia, un omaggio a Piotr Ilych Ciaikowski, il grande musicista russo vissuto nell’800: il corto racconta, tra l’altro, i suoi amori contrastati, ma anche il mistero della sua morte, un po’ misteriosa, sulla quale si è molto discusso. Ad interpretare il corto gli attori Adolfo Bianchi Whites, Nicola Di Lernia, Alberto Franco, Silvia Notari, Laura Ranghi, Antonella Arduini. A seguire, un omaggio tersicoreo a Ciaikowski: Federica Di Girolamo da Lo Schiaccianoci ha ballato Danza della Fata Confetto.

Il secondo corto, interpretato da una bravissima e sensuale Maria Cristina Capogrosso, ed intitolato Ti parlerò d’amore, prende lo spunto da una splendida canzone cantata da una star teatrale degli Anni ’50, Wanda Osiris, un vero e proprio inno alla femminilità, alla seduzione, ma anche un monologo dove compaiono ricordi di amori e disillusioni.

 

Intenso, struggente il terzo corto, magistralmente interpretato da Matilde Tursi, intitolato Come un guerriero normanno, un canto di dolore dove si parla di amore eterno, seppur generato con l’inganno e che, se violato, può scagionare follia. Una storia ambientata in Sicilia, tra gli Anni ’30 e ’40, ispirata ad un personaggio vissuto realmente.

 

 

Concludono lo spettacolo due corti, molto diversi tra loro, che affrontano la dura tematica del cosiddetto “femminicidio”: il primo, intitolato Mare d’inverno, con toni anche umoristici, leggermente divertenti, narra la storia di una figura femminile popolare nella tradizione romanesca, una vicenda passionale che avrà un finale amaro. Dalle prime parole si capirà che la protagonista, la brava Antonella Arduini, sta raccontando la storia di Lella, famosa anche per una nota canzone, dal titolo omonimo, portata al successo anni fa da Edoardo De Angelis della Schola Cantorum, poi Lando fiorini e infine i Vianella.

A chiudere questa mini rassegna di corti, il più interessante e il più intenso di tutti, La ragazza nella valigia, che dà anche il titolo allo spettacolo, un atto unico che va in scena ora per la prima volta, dopo essere stato presentato a Schegge d’autore 2018. La storia si ispira molto liberamente a un tragico fatto di cronaca. Una valigia abbandonata viene rinvenuta ai bordi di un viottolo di campagna.

Come per incanto appare una ragazza – anche questa volta interpretata da Maria Cristina Capogrosso, che spicca nel gruppo di questi attori, seppur ben compenetrati nei loro ruoli – che in modo surreale racconta la sua drammatica storia alle persone che incontra. Chi sono questi? Sono dei singoli personaggi che assumono una valenza cosmica, diventando archetipi dell’umanità. Con la Capogrosso, Adolfo Bianchi Whites, Nicola Di Lernia, Silvia Notari.

Uno spettacolo che merita di essere visto, sia per la bravura degli attori, sia perché Salvatore Scirè, autore e regista, ha voluto creare un lavoro capace di emozionare, e di far interessare gli spettatori a queste delicate tematiche, ma anche lanciando un messaggio certo, accendendo un filo di speranza. Tra un corto e l’altro, la leggiadrìa coreografica della giovane Federica Di Girolamo.

Giancarlo Leone

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