La “Commedia di Gaetanaccio” al teatro Eliseo di Roma

0

Forse non tutti sanno che Gaetano Santangelo, Gaetanaccio sfortunato burattinaio di Borgo dei primi dell’ottocento è l’inventore di Rugantino una delle maschere più amate dai romani, che ha ispirato l’omonima commedia musicale italiana più famosa nel mondo.

La “Commedia di Gaetanaccio” dopo 40 anni di inspiegabile silenzio torna sul palcoscenico del teatro Eliseo con la regia di Giancarlo Fares, interpretata da Giorgio Tirabassi e Carlotta Proietti che raccoglie l’onore e l’onere di un cognome, quello paterno del grande Gigi per il quale la commedia fu scritta da Luigi Magni e che firmò la regia nel 1978.

In questa nuova versione (“alcuni tagli qua e là – dice Fares- senza modificare l’anima del testo di Magni “) Gaetanaccio (un intenso Giorgio Tirabassi) povero burattinaio vessato dal potere nella Roma papalina dei primi dell’ottocento è ridotto alla fame dalle prescrizioni di Leone XII (quello che ‘scapocciò’ Targhini e Montanari, per intenderci) che in occasione dell’Anno Santo (1825) proibisce tutte le forme di spettacolo.

Compagna di avventure e sventure è la fidanzata Nina (Carlotta Proietti) anche lei attrice che vede sfumare un debutto al teatro Tordinona e con esso la possibilità di guadagnarsi da vivere. La Fame, il Potere, l’Arte, l’Amore, la Morte e soprattutto Roma sono i protagonisti della commedia musicale (in scena fino al 10 marzo) che racconta come da sempre gli artisti sono (o dovrebbero essere) i guardiani della libertà di espressione e i castigatori del Potere. Che allora era quello temporale della Chiesa e del Papa che Gaetanaccio interroga con la canzone “Scusate la domanda Santità”, ballata allegra dal sapore amaro che dà voce al popolo, all’uomo della strada, strada che è il campo di battaglia, artistica s’intende, di Gaetano e degli altri ambulanti, teatranti, guitti colpiti dalle legnate delle guardie papali e dalle loro angherie, dai morsi della fame, dalla necessità di qualche compromesso e dalla voglia di ribellarsi a costo di rimetterci la libertà e forse anche la vita.

Racconto ottocentesco, scritto alla fine degli anni settanta sorprendentemente moderno nel tratteggiare tempi inquietanti come gli attuali che tanto avrebbero bisogno di affidarsi all’Arte. Niente è tolto comunque alla leggerezza e godibilità del testo, al piacere della parte musicale e delle canzoni (le stesse di 40 anni fa scritte da Gigi Proietti, Piero Pintucci e dallo stesso Magni), tra serenate romantiche e canzoni irriverenti che sbeffeggiano i poteri forti e anche la Morte con il celebre Tango a lei dedicato.

 

Tirabassi in scena recita e canta con mestiere, Carlotta Proietti usa la sua bella voce e l’avvenenza per dare a Nina una personalità ‘friccicarella’ che innamora il suo Gaetano che per lei sfida addirittura la Morte interpretata da Elisabetta De Vito.

Carlo Ragone è Fiorillo, figlio di Pulcinella, Daniele Parisi il governatore. Il valore aggiunto: i costumi e i burattini di Santuzza Calì e la musica dal vivo con Massimo Fedeli (piano e fisarmonica), Diego Bettazzi (clarinetto e flauto), Stefano Ratchev (violoncello), Claudio Scimia (violino e chitarra), Alessandro Vece al violino-mandolino-piano.

Ludovica Mariani

 

Nessun commento