Trionfo di “Carmen” di Bizet al Teatro Ghione

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E’ un vero peccato che spettacoli del genere della “Carmen“ che ha calcato il palcoscenico del Teatro Ghione dal 29 gennaio allo scorso 3 febbraio, restino in cartellone per soli cinque giorni, come nel caso di questo bel lavoro che Luciano Cannito dirige in un en plain di testo, regia e coreografia tutta personale.

E personale lo è veramente perché pur attenendosi al libretto di Meilhac ed Halevy musicato dal genio di George Bizet, Cannito descrive il dramma d’amore e di passione vissuto dalla bella Carmem (qui interpretata dalla bravissima, versatile, addirittura selvaggia nella parte, Rossella Brescia, che nella vita fa coppia con Cannito da oltre dieci anni) con una sorta di flash back che proviene dalla memoria del detenuto Don Josè imprigionato per aver favorito la fuga della bella gitana, innamoratasi follemente del torero  Escamillo, toreador di successo, macho fino all’inverosimile ma assolutamente intriso di banale superficialità.

La bella e più che brava danzatrice pugliese riesce perfettamente ad incarnare il mito di Carmen, che sa di essere bella e desiderata, conferendo al personaggio le caratteristiche di passione infinita, grande voluttà, con tutta la forza e l’istinto che la sua esperienza le ha insegnato per trasmettere allo spettatore la sensazione appagante della libertà, di quella libertà di possedere soltanto se stessa in quanto donna libera e raziocinante.

Ma il lavoro in scena al Ghione non appare esente da considerazioni che scaturiscono dalle esperienze di vita che il nostro paese sta vivendo in questo periodo con la questione migranti al centro dell’attenzione europea e mondiale: Carmen è una profuga fuggita dal suo paese ed approdata a Lampedusa, terra di spiriti bollenti e passionali almeno quanto lei che ne è abbondantemente dotata e si trova al centro delle attenzioni amorose  niente meno che dal maresciallo dei carabinieri dell’isola: una fusione di passioni, di travolgenti sensazioni che danno vita ad una tragicomica commedia nella quale Carmen è donna pura, Don Josè è passione tutta propria dell’isola siciliana ed Escamillo è il successo, il potere di comandare, é l’arrogante che riesce ad ottenere i favori della bella zingara approdata in Sicilia poco prima di una sua esibizione nella Plaza de Toros di Siviglia.

E qui, dopo un altro travolgente successo del torero Escamillo, si conclude il dramma lungamente maturato perché quando Don José si rende conto di aver perso la “suaCarmen decide di porre termine all’onta alla maniera isolana uccidendola a colpi di coltello.

 

Nella prigione nella quale è ristretto Don José (un eccezionale Amilcar Moret) rivive, ecco il flasc back, quei momenti con l’accompagnamento delle musiche straordinariamente belle ed appassionanti che soltanto questa pseudo opera comica Carmen sa ispirare, dalla “Habanera (L’amour est un oiseau rebelle, L’amore è un uccello ribelle” a “Parle-moi de ma mère, Ah! Mi parla di lei” passando per quel “La fleur que tu m’avais jetée, Il fior che avevi a me tu dato” con la quale Don Josè confessa il suo amore per Carmen, per finire con la trionfale marcia che premia il successo di Escamillo (Alessandro Casà, molto ben calato nella parte) nella Plaza de Toros e che paradossalmente mette fine al dramma.

Molto apprezzabile l’accompagnamento dei bravi solisti della Roma City Ballet Company che lo stesso Luciano Cannito gestisce magistralmente.

Andrea Gentili

 

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