Le notti bianche: quattro notti di introspezione e di speranza

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Un uomo timido, sognatore, dal carattere introverso passeggia sotto una luce serale che nel periodo in cui Dostoevskij ambienta il suo psico capolavoro tramonta tardi: non ha amici, è triste, insensibile praticamente a tutto.

La sua passeggiata fra gli enormi e soffocanti palazzi, intramezzata da soliloqui, è accompagnata da un sottofondo di musiche vaghe, da voci lontane che esaltano il senso di oppressione che prova costantemente e che cerca di vincere ricorrendo all’unica arma sulla quale può fare affidamento: la fantasia.

Tutta la vicenda narrata si volge nell’arco di quattro notti e nella prima, mentre l’uomo passeggia, si imbatte in una ragazza  vestita di bianco, come la sposa che egli forse sogna per vincere la sua ritrosia verso la vita e verso tutto il mondo: ha inizio in quel momento fatale una sorta di rinascita interiore e fisica, un rapporto travagliato tra i due solitari (anche la ragazza, Nastenka, è colma di problemi) che tra varie vicissitudini li trasporta all’interno di un travagliato innamoramento.

Nel corso di quattro notti si raccontano, si confessano, forse si innamorano all’interno di un’ambientazione colma di tristezza che la regia di Francesco Giuffrè sapientemente descrive ambientandola in una Pietroburgo in grado di esaltare il malessere dei due protagonisti (una splendida Camilla Diana nei panni di Nastenka, ed un Giorgio Marchesi di incomparabile bravura che interpreta l’uomo solitario).

Il sogno dell’uomo solitario, nel corso delle quattro notti dalla bianca luminosità e quasi infinite, si frantuma quando la ragazza termina di assecondare il suo sogno e si abbandona alla realtà della vita facendolo ripiombare nel suo mondo irreale si ma colmo di realtà infinitamente triste.

L’adattamento dal romanzo dello scrittore russo è curato dallo stesso regista che riesce egregiamente a far risaltare l’ambiente della città di Pietroburgo attraverso l’uso di una sceneggiatura assolutamente adatta alle necessità della narrazione, con originali soluzioni espressive che ben si fondono con le emozioni provate dai due personaggi andati in scena sul palcoscenico del Teatro Ghione.

Andrea Gentili

 

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