La prima serata del 69° Festival di Sanremo

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Finalmente anche la 69° edizione del Festival di Sanremo è iniziata. Abbiamo ascoltato tutti i 24 brani. Tra gli ospiti Andrea Bocelli, Giorgia, Pierfrancesco Favino.

 

Finalmente la 69° edizione del Festival di Sanremo ha visto la sua luce. Inizio balbettante con qualche problema tecnico dell’audio per la diretta tv della prima serata. Ma tutto si risolve e il Festival cresce. Il pubblico si scalda con i cantanti. Ride per qualche papera di troppo di Virginia Raffaele. Mentre appare più sicuro e meno emozionato Claudio Bisio che con un monologo collage dei versi più “anarchici” del Baglioni pensiero nei testi delle canzoni lo dipinge come rivoluzionario. Ovviamente il tutto serve per sdrammatizzare la tensione delle polemiche politiche esplose alla vigilia. Come si sa, a parte i fasti, gli ospiti che intervengono, il Festival è una kermesse canora. Ieri sera abbiamo ascoltato tutti i 24 brani previsti quest’anno.

Ecco le nostre opinioni. Il primo ad esibirsi è stato Francesco Renga con Aspetto che torni: il brano si perde nelle ballad, la melodia è classica ma c’è. Come pure i “tu sei” sono ripetuti quattro volte; Nino D’Angelo e Livio Cori con Un’altra luce propongono un brano metà in napoletano e metà in italiano: l’idea ci sarebbe ma il dialogo generazionale non convince. A tratti si perdono.

 

 

 

Nek con Mi farò trovare pronto, in realtà è pronto. Arriva con voce e testo. E’ all’altezza dell’amore. Almeno di quello del pubblico che non risparmia applausi; The Zen Circus con L’amore è una dittatura: solo le bandiere che hanno sventolato alla fine del brano hanno riportato un po’ di energia. Brano complesso che si riscatta nel finale.

Il Volo con Musica che resta hanno presentato un brano con note svolazzanti che lasciano i lirismi in sordina rispetto al pop. Vorrebbero essere “il sole di un giorno di pioggia”, però l’ombrello è sempre meglio portarselo; Loredana Bertè con Cosa ti aspetti da me, all’inizio sembra imbalsamata. Poi alza di qualche centimetro la gonna. Ma il pubblico si scalda di più con i suoi acuti rock.

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Daniele Silvestri con Argentovivo: è l’orchestra che introduce una canzone dal testo impegnato e impegnativo.Il salto c’è con il rapper Rancore che entra in scena come sul ring. Federica Carta e Shade con Senza farlo apposta è un rap e melodia, tanto banale quanto orecchiabile. Sembra la musica di una giostra che gira su “Ci finisco sempre senza farlo apposta” e si potrebbe ripetere all’infinito; Ultimo con I tuoi particolari ha un inizio lento al piano prima dell’apertura dell’orchestra per una ballad classica, “Siamo soltanto bagagli, viaggiamo in ordini sparsi”. L’interpretazione è sentita; Paola Turci con L’ultimo ostacolo: ha presentato un brano dove il suo stile è inconfondibile.

 

Archi e voci per una canzone melodicamente ricca di suoni; Motta con Dov’è l’Italia, si perde a cercare un’Italia che non trova più. Un accorato appello tradotto in musica, “Tra chi vince e chi perde e chi non se la sente”, la sua timidezza diventa esplosiva sul palco. Boondabash con Per un milione è un reggae che si fa tormentone: il loro “Ti aspetterò come il caffè a letto a colazione”, trascina fino al ritornello con tante belle parole che possono essere ballate; Patty Pravo e Briga con Un po’ come la vita: l’artista lascia spazio alla diva. Nemmeno l’arpa e il violoncello riescono a dare una virata a una canzone che non arriva. Un duetto incerto dall’inizio alla fine.

Simone Cristicchi con Abbi cura di me è una canzone poesia. Una bella interpretazione; Achille Lauro con Rolls Royce si è scatenato a suon di rock. Del resto fa bene a volere una vita così “da Rock’n Roll”. Merita la Rolls Royce. Arisa con Mi sento bene è camaleontica, con la voce che vola da un’ottava all’altra con nonchalance di una che “Adesso vuole vivere così”; Einar con Parole nuove è un ritornello scontato e musica furba, anche se abbellito di tastiere e chitarre.

I

Una canzone d’amore che parte semplice e si chiude anche peggio; Ex-Otago con Solo una canzone hanno presentato un brano senza infamia e senza lode, dove cantano l’amore adulto su una musica che potevano spingere di più; Anna Tatangelo con Le nostre anime di notte è una canzone che parla di amori finiti e di nostalgia su un testo con il finale, “Ma ormai non serve illuderci, non c’è bisogno di fingerci”. Una melodia stile Festival.

Irama con La ragazza con il cuore di latta è una canzone dal testo duro, a tratti angosciante. La musica è costruita con orchestra e cori che la seguono. Un’interpretazione coraggiosa. Enrico Nigiotti con Nonno Hollywood è un’altra canzone sul rapporto tra generazioni dove il ricordo irrompe sul presente. E’ una ballata nostalgica che potrebbe diventare stucchevole; Mahmood con Soldi è un ritornello melodico che ironizza sui soldi, molto apprezzato.

Tra gli ospiti di ieri sera, una lunga standing ovation della platea del Teatro Ariston ha accolto il duetto di Andrea Bocelli e Claudio Baglioni con Il mare calmo della sera, il pezzo composto da Zucchero con cui l’artista toscano vinse il Festival di 25 anni fa tra le Nuove Proposte. Bocelli al piano è stato accompagnato dal direttore artistico che, nei giorni scorsi, aveva preannunciato che avrebbe cantato nella stessa tonalità del tenore toscano.

Andrea Bocelli è stato poi raggiunto sul palco dal figlio Matteo, con il quale ha eseguito un’intensa versione di Fall on me, che fa parte dell’ultimo album del tenore, . Anche Giorgia, altra ospite, ha incantato la platea del teatro con un medley delle cover più famose tratte dal suo album.

Gli ascolti: la prima serata della 69° edizione del Festival di Sanremo è stata vista complessivamente da 10.086.000 telespettatori con uno share pari al 49,5%: la prima parte della serata ha avuto 12.282.000 telespettatori con uno share pari al 49,4%; la seconda parte, iniziata dopo la mezzanotte, ha avuto 5.000.000 telespettatori con il 50,11% di share.

Giancarlo Leone

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