Mektoub my love nelle sale dal 24 maggio

0

Reduce dalla 74° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove aveva riscosso un lusinghiero successo, esce in sala il 24 maggio con la Vision Distribution  Mektoub my love – Canto Uno, un film di una   bellezza estetica  imbarazzante che si ispira al romanzo autobiografico di Francois Begaudeau, La blessure, la vraie.   D’altra parte non poteva essere altrimenti visto che, a firmarlo,  è il regista franco tunisino Abdellatif  Kechiche, già autore de  La vie d’Adéle,  altro osannato lavoro, vincitore, nel 2013,  della Palma d’Oro a Cannes.

 

Nel cast, tutto splendidamente in parte, ogni attore cesella il suo personaggio con una perfezione assoluta da  Shaïn Boumédine a Ophélie Bau, passando per Salim Kechiouche, Lou Luttiau, Alexia Chardard, Hafsia Herzi, Delinda Kechiche, Kamel Saadi, Meleinda Elasfour, Estefania Argelish per raccontarci  un sogno estivo ad occhi aperti.

 

Siamo nell’agosto del  1994 nella Francia del sud  Amin (Shaïn Boumédine) , il timido protagonista, è appena tornato da Parigi, dove vive la sua passione per la fotografia e scrive sceneggiature, per trascorrere le vacanze  con i suoi,  nel suo idilliaco paese adagiato su di un mare verde che più verde non si può.

Timido e riservato,  Amin  è subito coinvolto  nella movimentata  vita estiva di parenti e amici.  Suo cugino Tony (Salim Kechiouche), è un tipetto sveglio che si dà sempre  molto daffare con le donne. Senza scrupoli, non ne risparmia nessuna. Tra  queste però, c’è una favorita, Ophelie (Ophelie Bau), bella che di più on si può… certo la gioventù è un gran bel regalo, ma lei ha qualcosa in più, una perfezione quasi impossibile, tanto da creare un abisso con tutte le altre.

Questo film, così esteticamente insuperabile,  è diviso in tre parti.  Noi, per ora,  abbiamo visto solo il Canto Uno. Un lavoro così  non va raccontato per cui vi lasciamo con le parole del regista, Abdellatif  Kechiche, Mi piacerebbe restituire al cinema la sua dimensione sacra, e vorrei che andassimo a vedere un film con lo stesso spirito con cui partecipiamo ad una cerimonia. Anche se in molti pensano che sia un’illusione, ho sempre mantenuto la convinzione che il cinema partecipi ad una nuova era, possibile, dell’umanità. Mi sento tanto un regista quanto un artigiano di questa speranza. Se perdessi questa mia visione utopistica, perderei insieme ad essa il desiderio di fare cinema”.

Forse è per questo che il pubblico lo ama e segue i suoi film con gran de interesse, infatti  Kechiche, reitera il suo pensiero sottolineando di aver  girato questo film perché, “ pur non essendo biografico, riflette qualcosa di me. Infatti non on volevo parlare di   me. Non  volevo spiegarmi. Tutti abbiamo avuto delle esperienze amorose in gioventù. Non ho la personalità dei miei protagonisti ma posso identificarmi in ognuno di loro. Li guardo, li osservo, li amo, tutto qui. Li analizzo senza giudicarli. Mi fanno domande sul mektoub – destino in arabo – sulla natura del bene e del male e sulla loro ambiguità”.

Kechiche ed il suo splendido film per sognare, per rivivere la gioventù, per fare un tuffo nella bellezza, dal 24 maggio al cinema

Mariangiola Castrovilli

 

Nessun commento