Il conte Tacchia un nobile plebeo

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E’ in scena al Teatro Sistina di Roma, fino al 25 marzo, Il Conte Tacchia, con Enrico Montesano. L’attore fu già protagonista dell’omonimo film di Sergio Corbucci del 1982. Questa commedia musicale, con la regia dello stesso Montesano, firmata con Gianni Clementi, è liberamente ispirata alla vecchia pellicola che vantava la presenza di Vittorio Gassman, Paolo Panelli, Lia Zoppelli. Qui invece, tra i protagonisti, il figlio di Montesano, Michele Enrico, Giulio Farnese, Roberto Attias, Monica Guazzini, Benedetta Valanzano.

Un altro omaggio alla romanità: Enrico Montesano, che ne è un autentico e consapevole rappresentante, dopo Rugantino e Il Marchese del Grillo, completa la trilogia con la riproposizione de Il Conte Tacchia, in scena al Teatro Sistina di Roma fino al 25 marzo. A 36 anni dall’aver interpretato Checco Puricelli nell’omonimo film di Sergio Corbucci nel 1982, Enrico Montesano è tornato a rivestire i panni del Conte con un testo odierno scritto dallo stesso attore a quattro mani con Gianni Clementi, con la regia del protagonista, dove scorre la canzone Ansai che Pacchia del Maestro Armando Trovajoli e le musiche di Maurizio Abeni.

 

Francesco-Checco Puricelli è figlio di un falegname e avrebbe voluto essere un nobile: la frequentazione con il Principe Torquato Terenzi, che nel film era Vittorio Gassman, alimentava di più i suoi sogni, compreso quello di andare in America con la sua fidanzata Fernanda.

 

 

Nella versione teatrale, la storia ha inizio con Checco Puricelli, per l’appunto il Conte Tacchia, che torna a Roma, nel suo quartiere, il popolare Trastevere, dopo essere stato trent’anni in America, dove era scappato con la sua fidanzata Fernanda, che però subito aveva perduto per via delle leggi sull’immigrazione.

Ritrovare i luoghi della sua gioventù lo fa tornare indietro nel tempo quando, figlio di un falegname, aspirava a diventare nobile. Così frequenta il principe Torquato Terenzi, dal quale, pur essendo ormai caduto in disgrazia, spera di ereditare alla sua morte beni e titoli. Il giovane Checco nutre l’amore per la popolana Fernanda e la passione per la duchessina Elisa. Da tutto ciò prenderanno il via una serie di situazioni a catena molto comiche ed esilaranti che porteranno però Checco ad inserirsi piacevolmente nel mondo dell’alta società.

 

Enrico Montesano è un gran mattatore, è un istrione da palcoscenico: in grandissima forma dà lezione di teatro a tutti per presenza scenica, verve, simpatia, mantenendo una delle caratteristiche che lo hanno sempre contraddistinto, quella di avere i tempi comici giusti, perfetti. Grazie a lui abbiamo visto uno spettacolo comico, romantico, nostalgico, un lavoro che tocca tutte le corde della romanità.

Con lui in scena un cast di prim’ordine: tra i vari coprotagonisti spiccano il grande e simpatico Giulio Farnese, nei panni del principe Terenzi e lo strepitoso Andrea Pirolli, in quelli di Alvaro Puricelli, padre di Checco, che conferma di essere uno dei più bravi attori comici teatrali che conferisce sempre ai suoi personaggi grande personalità, mantenendo tempi comici da manuale.

La popolana Fernanda è interpretata dalla brava e bella Elisabetta Mandalari, padrona della scena e della recitazione, nonché del canto. Sua rivale in amore la duchessina Elisa, interpretata dalla bella Benedetta Valanzano. Dotata di una mimica e recitazione notevoli è Monica Guazzini, nel ruolo dell’ironica e disinvolta duchessa Savelli, moglie del duca Saverio Savelli, interpretato dal bravo Roberto Attias.

Ottima prova per Enrico Michele Montesano nel ruolo del marchese Lollo d’Alfieri. Gerry Gherardi bravo nell’incarnare vari personaggi: Er Ciriola, l’uomo del circo, il nobile. Sergio Spurio è qui nel ruolo di uno stornellatore romano, il Sor Capanna, che con i suoi siparietti facilita in maniera gradevole i cambi di scena. E poi bravi Giorgio De Bortoli (Ninetto), Tonino Tosto (il Delegato di Polizia), Giacomo Genova, Ambra Cianfoni, Francesca Rustichelli.

Molto ben curate le scenografie di Carlo De Marino, piacevoli e funzionali, così come curati i costumi d’epoca di Valeria Onnis.

Da sottolineare le musiche originali del Maestro Armando Trovajoli e le nuove canzoni scritte appositamente dal Maestro Maurizio Abeni. La sigla finale non poteva che essere la famosa ed orecchiabile Ansai che pacchia, a suo tempo scritta da Trovajoli per il film di Corbucci.

Il Conte Tacchia è veramente una commedia divertentissima, assolutamente da non perdere: le situazioni comiche si susseguono una dopo l’altra, specialmente nel secondo atto. L’unico neo? Forse si potrebbe apportare qualche taglio nel primo tempo, dove si temporeggia in troppo cambi di scena necessari più ai cambi d’abito che funzionali all’opera.

Giancarlo Leone

 

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