La mossa del cavallo su Raiuno

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Arriva, lunedì 26 febbraio in prima serata su Raiuno il film La mossa del cavallo, il primo film tratto dai romanzi storici di Andrea Camilleri, edito da Sellerio, un giallo grottesco e pieno di sorprese che ci restituisce personaggi, situazioni, colori ed umori caratteristici della Sicilia post Regimentale, diretto da Gian Maria Tavarelli nella sua forma migliore.

Ottimo e tutto in parte il cast, nonostante il dialetto, un antico siciliano stretto che di più non si può, capitanato da Michele Riondino che, dalla fortunatissima serie de Il giovane Montalbano, diventa ora, con lo stesso entusiasmo, Giovanni Bovara – ligure ma di padre siciliano, un intransigente ispettore ai mulini di una Sicilia dell’ottocento – che, con la sua intransigenza, si fa nemici, fin da subito, ovvero tutti i disonesti  che contano a Vigata.

 

 

Una bella sfida Tavarelli… “Ci siamo inventato poco. Camilleri aveva già dipinto l’affresco da par suo con dei personaggi straordinari. Così, in questa Sicilia da Far West, la mia scommessa è stata quella di ricostruire quella giostra”.

 

Per Riondino questa nuova sfida è iniziata “nel momento in cui il mio personaggio, chiuso in un angolo, capisce che dovrà mantenersi in una zona d’ombra, cavalcando l’ambiguità. Perché intorno a lui, forestiero, l’accerchiamento fa leva sulle sue radici. Ed il linguaggio a cui deve abituarsi, è radicato, in maniera profonda, nel dialetto. Il mio personaggio per uscire dall’angolo, deve cominciare a pensare in quella zona d’ombra e quella trappola d’ambiguità dove è caduto, quando, negli interrogatori, deve abituarsi a pensare ad altri tipi di suoni”.

Breve pausa per poi riprendere, “La mossa del cavallo, è un romanzo estremo. Perché invece di mettere il lettore in comodità, lo disorienta, soprattutto quando il genovese si contrappone al siciliano. Sono ormai abituato al siciliano di Andrea, ma quando ho letto il genovese, mi sono sentito perso. Ma, la patata bollente è diventata una sfida stimolante….”.

La star assoluta però di questa affollatissima e blindata conferenza stampa dopo il lancio del film La mossa del cavallo, è stato Andrea Camilleri di una simpatia ed un’arguzia non comuni. Piacevole, disponibile e soprattutto un pozzo di cultura, quando parla ti fa venire i brividi. E le sue battute, le butta li, senza stare a sottolinearle, ed è per questo che diventano scoppiettanti girandole di scintille. Tutti noi l’abbiamo deferentemente chiamandolo Maestro, ma lui ci ha subito tolto dell’umido dicendo che ‘l’unico che poteva essere chiamato Maestro era Sciascia, perché in effetti lui lo era davvero.  Io invece non lo sono, per cui ditemi Camilleri o Andrea se preferite, ma non Maestro!”.

La Liguria e Genova sembrano essere un trait d’union tra Montalbano e La mossa del cavallo… “la amo moltissimo. È dagli Anni 50 che la conosco, e tutte le volte che posso la faccio riaffiorare alla memoria. La verità dei fatti è però un’altra, perché questo romanzo viene da una pagina di uno statista milanese, e non genovese. Pensare però di fare parlare il protagonista in milanese, mi ha dato i brividi. Così mi sono preparato leggendo i grandi poeti genovesi e anche qualcosa di teatro”.

Lei Camilleri è conosciuto nel mondo un po’ come un ambasciatore della sua Sicilia che fa fatto conoscere diversamente e non, come sempre e solo…mafia… “Si, in qualche modo la mia Sicilia, passa per la memoria giovanile della mia Italia. Montalbano è stato utile per far scoprire paesaggi inediti della mia terra. Gli stranieri hanno così visto il Duomo, le piazze ed altro della città. Così, come in questo film, si vedranno nuovi spazi inediti e mozzafiato. E , di questo, sono estremamente riconoscente”.

In quanto alla campagna elettorale… “Questa a cui stiamo assistendo non mi sembra né campagna né città. Non posso esprimermi su questo scempio di cui siamo testimoni. Certamente oggi la P di politica è minuscola. Non voglio parlare di campagna elettorale, fatta di false promesse che ci riportano nel passato. Né vorrei parlare del divario Nord /Sud. Come non vorrei mai più sentire alla radio che a Trento si vive circa tre anni in più che al sud, perché questo dignifica andare a ripescare errori di trecento anni fa rimettendoli in commercio…”.

Mariangiola Castrovilli

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