Mariti e mogli al teatro Quirino di Roma

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Non è facile portare in teatro Woody Allen, ma Monica Guerritore ci prova e lo fa con una sua particolare interpretazione del film che il regista, sceneggiatore, attore, comico, clarinettista, compositore, scrittore e commediografo statunitense, tra i principali e più celebri umoristi dell’epoca contemporanea, realizzò nel 1992.

Non si può sostenere che la brava Monica non ci sia riuscita, anzi, ma se proprio volessimo sollevare una critica vorremmo evidenziare che il lavoro parte bene, si sviluppa meglio ma, verso la sua parte finale, appare prolisso, poco attraente, al limite dello scontato.

E’ una notte piovosa e quattro coppie di amici per la pelle sono riuniti a casa di uno di loro per passare il tempo, anche riflettendo su se stessi, sulle loro vite che via via si intrecciano sempre più fino a svelare una trama di personali insoddisfazioni all’interno di ognuno di loro; e stranamente la casa che li ospita (nella versione cinematografica le varie location si trovano a Manhattan e qui invece, in teatro, il palcoscenico è unico e diventa, interpretandolo di volta in volta, una casa, un rifugio, un ristorante, altro…..) si rivela un luogo di torture, di espressioni di ansie represse e di tradimenti reciproci all’interno delle quattro coppie ).

La Guerritore è brava a restringere l’ambientazione originale ben interpretando le smanie, i pensieri, le angosce e le insoddisfazioni di ognuno dei protagonisti, da Gabe, il professore universitario a Jack, un uomo di affari, a Michael, a Paul ed alle loro donne in una girandola di intrecci diabolici che vedono impegnati due colleghi d’ufficio (Judy e Michael) in un duello amoroso che travalica i sentimenti, le passioni di origine mentale per approdare in un banale amoreggiare che però coinvolge, con reciproci tradimenti, anche gli altri, ognuno dei quali ha qualcosa da nascondere sul piano morale e qualcos’altro da evidenziare sul parallelo piano delle personali insoddisfazioni.

Insomma, una mostra di bassezze (che Allen definisce, a suo modo, parafrasando Bergam e Strindberg, “piccole altezze” ) che caratterizzano la vita di ogni giorno, ma che però evidenziano come il tempo trascorra inesorabile in maniera a volte comica ed a volte al limite del paradosso, senza riguardo nemmeno ai più intimi e personali sentimenti che, tuttavia, la accorta regia riesce a superare attraverso una ben dosata serie di abbandoni e di riappacificazioni tra coniugi, che, comunque, non troveranno mai soddisfazioni alle loro angosce.

Quella che potrebbe, ad un primo sommario esame, apparire una “spalla” della Guerritore attrice, in scena Sally, è Judy (Francesca Reggiani) che è invece il personaggio chiave della vicenda, padrona di casa, moglie, direttrice di quell’orchestra che è l’intero svolgimento del dramma che si svolge sul palcoscenico e che è assolutamente rappresentativo delle insoddisfazioni che riserva la vita di ogni giorno.

Non a caso, la Guerritore esprime la sua arte di regista anche come interpretazione drammaturgica di questo lavoro che se fosse un tantino “compresso” nella sua parte finale verrebbe vieppiù apprezzato e maggiormente gradito, fors’anche meglio compreso.

Certo, bisogna assolutamente tenere presente, nella valutazione del lavoro in scena fino al 17 dicembre, che la regia è impegnata a “tradurre” un personaggio a volte bizzarro come Woody Allen, con i suoi particolari ragionamenti e modi di esprimersi, ma Monica Guerritore è brava ad interpretarlo e con la collaborazione di attori del calibro di Cristian Giammarini, Ferdinando Maddaloni, Enzo Curcurù, Malvina Ruggiano, la procace Lucilla Mininno ed Angelo Zampieri vi riesce perfettamente, in modo gradevole anche grazie alla buona ambientazione che gli scenografi Giovanni Licheri ed Alida Cappellini hanno sapientemente realizzato; luci di Paolo Meglio.

Andrea Gentili

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