L’insostenibile pesantezza della crisi coniugale

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E’ in scena al Teatro Quirino di Roma, fino al 17 dicembre, lo spettacolo di Woody Allen, tratto dal suo omonimo film del 1992, Mariti e mogli, che Monica Guerritore ha riscritto e adattato per il teatro e che la vede protagonista con Francesca Reggiani.

Uno spettacolo assolutamente da vedere, perché è un trattato sul labirinto del matrimonio, istituto basilare della società sul quale Allen si è accanito in maniera sadomasochistica e dove non lesina coltellate al disfacimento dei rapporti coniugali scoloriti dal tempo. Monica Guerritore, attrice protagonista e regista dell’adattamento teatrale, interpreta la sceneggiatura del film mettendo da parte il sarcasmo e puntando più sulla farsa, perché non tanto lo spettacolo ma il matrimonio stesso è una vera e propria farsa che inizia come una commedia sentimentale, per poi rivelarsi nella sua fase matura come una perversione psicologica.

La storia di questo spettacolo si svolge tutto in una notte a New York, quando sulla città si abbatte un nubifragio che non permette agli otto protagonisti di lasciare la sala da ballo dove ogni settimana s’incontrano per ballare, per fare amicizia.

I protagonisti in scena, mariti, mogli, amanti, amici, conoscenti si ritrovano intrappolati in quello stesso luogo a condividere le stesse insoddisfazioni borghesi. Lo spettacolo gravita attorno a due coppie: Monica Guerritore (Sally) e Ferdinando Maddaloni (Jack) che decidono di separarsi; Francesca Reggiani (Judy) e Cristian Giammarini (Gabe) il cui matrimonio, pur traballante, ancora regge. La storia si dipana in un crescendo di rivelazioni, di confessioni, di scoperte: le scappatelle, le avventure extraconiugali, la stanchezza, gli odi covati in segreto, la crisi di mezza età, il trauma dell’invecchiamento vissuto male sia dagli uomini che dalle donne.

Sembra di assistere ad una seduta psicanalitica collettiva dove vengono fuori le ingiurie che il tempo si è divertito ad infliggere ai rapporti umani, fino al punto di rottura dove uno sforzo di lucidità consente ad una coppia di non lasciarsi e un parallelo sforzo di lucidità consente ad un’altra di dirsi addio.

 

 

Woody Allen ha sempre trovato una chiave comico-satirica per dipanare in innumerevoli sceneggiature il mai stancante racconto delle trame amorose, cogliendo le verità sia dell’uomo che della donna nei loro vizi, nelle loro bassezze morali.

Mariti e mogli è un’opera che analizza senza pietà il disfacimento dei rapporti coniugali, le crisi di mezz’età, la sconfitta dei desideri e la condanna ad una perenne insoddisfazione. Un docu-dramma di meschinità e passioni spente che Monica Guerritore riscrive, dirige, interpreta con grande incisività e acume. La sua regia non sovraccarica le scene e le battute, badando al fluire del racconto piuttosto che agli acuti che punteggiano la trama.

Oltre alla differente ambientazione, anche la chiave stilistica scelta dall’autrice è un’altra: è una farsa dai risvolti comici che punta sul sarcasmo e sul cinismo. Il testo viene rispettato ma viene anche esaltato da una messinscena raffinata e dinamica, che alterna flashback, confessioni, sogni, realtà, intermezzi danzanti. In un atto unico della durata di quasi due ore, assistiamo ad una girandola di sentimenti in collisione, allo svelarsi della natura più oscura dell’animo umano.

Oltre ad una bravissima Monica Guerritore, ottime le interpretazioni di tutti gli altri attori, a cominciare da una divertente Francesca Reggiani, con le sue battute ad effetto, convincente e perfettamente in parte, seguita dagli intensi Ferdinando Maddaloni e Cristian Giammarini nei ruoli dei fragili mariti. Degni di nota gli altri attori: Enzo Curcurù, Malvina Ruggiano, Lucilla Mininno, Angelo Zampieri. Ben riusciti l’allestimento scenico di Giovanni Licheri e Alida Cappellini. Imperdibile.

Giancarlo Leone

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