Vanessa Redgrave alla Festa del Cinema di Roma con “Sea Sorrow”

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Non è mai troppo tardi recita un antico adagio. E a  dargli ragione è la grande attrice inglese Vanessa Redgrave, considerata una delle massime interpreti viventi che,  a ottant’anni tondi tondi, debutta nella regia firmando  Sea Sorrow ovvero  Il dolore del mare,  citazione più che appropriata dalla Tempesta di Shakespeare,  dove Prospero spiega a sua figlia Miranda che la loro  storia  è un ‘dolore marino’ e come, con un colpo di mano,  siano stati esiliati in un’isola remota, lontana da Milano, dove lui era potente…

Nel  suo documentario di 74 minuti la Redgrave include una scena della Tempesta,  con una lettura drammatica di quest’argomento con Ralph Fiennes che, per l’occasione, veste i panni di  Prospero. Sea Sorrow – prodotto da Carlo Nero, il figlio che ha avuto da Franco Nero –  è molto caro a Vanessa perché lei si è mossa tra  Italia, Grecia, Libano,  e poi a Calais e a Londra per descrivere i migranti  che cercano rifugio in Europa per salvarsi da guerre, dittature e violenza.

E, pensando al passato, la Redgrave evoca pagine della sua vita, come quando, per esempio, a due anni, insieme ai suoi genitori, allo scoppio della seconda guerra mondiale, dovette fuggire da Londra. O  quando, da  studentessa, si occupò dei rifugiati ungheresi come volontaria. Ecco poi  il viaggio in Libano per incontrare un bimbo palestinese di tre anni in un campo profughi.

“Questo film è stata una vera e propria esplorazione…” confessa Vanessa, “con mio figlio abbiamo cercato  tanto, perché non avevamo un progetto ben definito. Io contavo sul  mio spirito, i miei 80 anni, ed i miei ricordi di bambina durante la guerra. Ma non ero  sicura che li avrei  usati per fare questo film. Il mio pensiero era  solo  per  tutti  quelli che stanno morendo oggi”.

La neo regista si ferma un attimo per raccogliere i suoi pensieri e quindi continua, “Ho pensato soprattutto a quelli che stanno facendo l’impossibile per andare avanti cercando di sopravvivere. Ho  capito così che, raccontando la mia vicenda durante la Guerra,  avrei potuto esprimermi al meglio, con  o senza parole, per quello che per me, era imprescindibile raccontare. Era fondamentale che mostrassi  i bambini palestinesi, ormai alla terza o quarta generazione vissuta da profughi. Ogni  bambino però, vale lo stesso sforzo, di qualsiasi nazionalità sia perchè hanno tutti bisogno di protezione. Sono loro infatti  il nostro futuro. Il  futuro di tutti noi che, fino a prova contraria, viviamo ancora tutti sullo stesso pianeta,  e non su Marte. Perché  i diritti umani valgono per tutti, senza alcuna eccezione”.

Mariangiola Castrovilli

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