A tu per tu con Carlo Buccirosso

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Anno nuovo a teatro con Alessandro Manzoni e con Carlo Buccirosso, autore, regista e protagonista dello spettacolo Il divorzio dei compromessi sposi, che è approdato a Roma alla Sala Umberto per queste feste fino all’8 gennaio. Visum l’ha intervistato.

Carlo Buccirosso, è autore, regista e protagonista dello spettacolo intitolato Il divorzio dei compromessi sposi, che è approdato a Roma alla Sala Umberto per queste feste fino all’8 gennaio. Visum l’ha incontrato.

 

Carlo, parliamo di questo spettacolo. Perché questo titolo? Affascinato da questo romanzo a scuola?
Al contrario. Non mi è mai piaciuto. Quando lo studiavo a scuola mi annoiava, ni rattristava. Ma proprio per questo motivo ho sentito il bisogno di renderlo più allegro. L’ho riscritto a modo mio, rendendolo più sintetico, più facile da accettare. Alcuni personaggi l’ho dovuti eliminare per esigenze di tempo. Ad esempio – spiega ai nostri microfoni – non c’è la Monaca di Monza, non l’ho mai adorata, si vede solo un convento che fa pensare che lì ci sia la Monaca. Questa è una storia che si può raccontare facilmente in tre parole: ci sono due che si vogliono sposare e c’è una terza persona che non vuole che si sposino. Condensato in due ore e un quarto – conclude – credo che sia uno spettacolo di un certo spessore”.

Lo spettacolo rispecchia in fondo il romanzo con i personaggi più importanti.

Sì. Il mio Don Rodrigo è un usurario dell’entroterra campana trapiantato sul lego di Como, è un cattivo che non fa paura a nessuno, anzi quando morirà renderà tristi molte persone. C’è Renzo, un ‘fanciullotto’ irascibile, Lucia, ingenua e capricciosa, tanto da far diventare isterica sua madre Agnese. C’è l’Innominato e poi Don Abbondio, forse il più simile all’originale e Perpetua”.

Insomma uno spettacolo che è molto divertente
Sì, quello è sicuro. Uno spettacolo completo che, però, tengo a precisarlo, non è una parodia, anche se ho preso ispirazione da Biblioteca di Studio Uno, un varietà televisivo degli Anni 60 con il Quartetto Cetra, ma io lo considero una vera operetta, dove si recita al 70% e il resto è cantato
Ah, ci sono anche canzoni?
Sì, e che canzoni, 17-18 brani, dei veri ‘evergreen’ che hanno una loro logica. Quelli più riusciti sono Tammuriata nera, dove cantano tutti gli attori e Perpetua racconta perché il matrimonio non si deve fare e dove Don Rodrigo è il ‘Mandrillo nero’. E poi Margherita, brano cantato proprio da Don Rodrigo e dedicato con dolcezza a Lucia, verso il finale, prima che muoia, colpito dalla peste. E poi tante altre canzoni”.

Tutti i protagonisti parlano i dialetti più disparati?
Don Rodrigo parla siciliano, Perpetua il veneto, ma ci sono anche dialetti come il napoletano, il pugliese, il torinese, il bergamasco. E poi i giochi lessicali. I personaggi – commenta l’attore napoletano – parlano di divorzio, minigonna, microchip, meravigliandosi che qualcuno le pronunci e non capendone il significato, perché nel Seicento, ambientazione del romanzo e dello spettacolo, il significato era ignoto”.
Lei vuole far ridere, ma non solo, c’è qualcosa in più?

Mi piace comunicare emozioni, ed è quello che succede nei miei spettacoli. Io non riesco mai a far ridere e basta. In quello che porto in scena ci sono i miei problemi – ribadisce –  ma anche i problemi della gente. Qualche volta si riesce anche a pensare. Molte volte attingo dalla realtà, quello che mi accade è quello che vedo intorno a me. Se riesco anche a far ridere, meglio. Ma non è quello lo scopo principale”.

 

So che le dà fastidio quando le dicono che lei è un comico.
Principalmente sono un attore. Sia chiaro, non mi offendo. Ma non sono un comico e basta. Peggio ancora un cabarettista. L’attore deve saper fare tutto. Purtroppo oggi non è così, c’è molta improvvisazione e molti ‘giocano’ a fare gli attori, ma non lo sono. Manca la professionalità”.

Progetti futuri: televisivi, cinematografici?
Tra febbraio e marzo, uscirò nelle sale cinematografiche con due film: il primo s’intitola Mamma o papà, con Paola Cortellesi e Antonio Albanese. L’altro, Nun è Napulè, dovrebbe essere il titolo definitivo, sarà un musical metropolitano, girato dai fratelli Manetti Bros, una storia di camorra, dove io interpreto un boss di quartiere. Ci saranno canzoni e coreografie, come un vero musical. Con me, Giampaolo Morelli, Serena Rossi e Claudia Gerini”.

Giancarlo Leone

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